leggende Orientali – LO SPIRITO DI YENOBI
Leggenda dal Giappone
Tradotta da Dario55
LO SPIRITO DI YENOBI
Nella provincia di Idsumi c’è una montagna chiamata Oki-yama (o Oji Yam-a); che fa parte dei monti Mumaru-Yama. Si dice che da tempo immemorabile sulla cima di questa montagna ci fosse un tempio dedicato al dio Fudo-myo-o (1). Ebbene, in cima all’Oki-yama (“montagna alta” o “montagna grande”) si trova appunto l’antichissimo tempio di Fudo, a cui si fanno ogni anno numerosi pellegrinaggi. La montagna è ricoperta di boschi, in cui crescono straordinari alberi di crittomeria, canfora e pino.
Molti anni or sono, nei giorni di cui stiamo parlando, nel tempio vivevano solo pochi sacerdoti. Tra di essi c’era un uomo di mezza età, per metà sacerdote, per metà guardiano, di nome Yenoki. Yenoki aveva vissuto nel tempio per vent’anni, e per tutto questo tempo non aveva mai visto l’immagine di Fudo, della quale era in parte il guardiano, perché era chiusa in un tempietto e nessuno poteva vederla, se non il capo dei sacerdoti. Un giorno la curiosità di Yenoki ebbe la meglio su di lui. Al mattino presto la porta del tempietto non era del tutto chiusa. Yenoki guardò all’interno, ma non vide nulla. Quando si girò di nuovo verso la luce, si accorse che aveva perso l’uso dell’occhio con cui aveva guardato: era cieco dall’occhio destro.
Convinto di essersi meritato la punizione divina e che gli dei dovevano essere arrabbiati con lui, si accinse a purificarsi e lo fece per cento giorni. Ma Yenoki sbagliò nella sua devozione e penitenza e non placò gli dei, al contrario, gli dei lo trasformarono in un tengu, un demone dal lungo naso che abita sulle montagne ed è un grande maestro di jujitsu.
Ma Yenoki continuò a definirsi un sacerdote “Ichigan Hoshi”, che significa “sacerdote con un occhio solo”, per un anno, dopo di che morì, e si disse che il suo spirito era migrato in un gigantesco albero di crittomeria sul versante orientale della montagna. Dopo di allora, quando i marinai attraversavano il Mare di Chinu (Baia di Osaka), se c’era tempesta, pregavano il sacerdote con un occhio solo perché li aiutasse, e se si vedeva una luce in cima all’Oki-yama, era interpretata come un segno sicuro che la loro nave non sarebbe affondata, quali che fossero le condizioni del mare.
Si può dire che, dopo la morte del sacerdote con un occhio solo, fu attribuita più importanza al suo spirito e all’albero in cui aveva trovato rifugio, che allo stesso tempio. L’albero fu chiamato la Dimora del Sacerdote con un Occhio Solo, e nessuno osava avvicinarsi, neppure i taglialegna che conoscevano bene quelle montagne. Era fonte di timore e reverenza.
Ai piedi di Oki-yama sorgeva un villaggio solitario, distante dagli altri almeno due ri (quasi dieci chilometri), e contava solo una trentina di case, abitate da un centinaio di persone.
Ogni anno i paesani avevano l’usanza di festeggiare la festa del Bon ballando, a festa conclusa, la danza chiamata Bon Odori. Come molte cose in Giappone, il Bon e il Bon Odori erano in estremo contrasto. Il Bon è una cerimonia in onore degli spiriti dei morti, che si riteneva tornassero sulla terra ogni anno per tre giorni, a far visita ai tempietti domestici e comunque una seria e importante cerimonia religiosa. Il Bon Odori è una danza che varia a seconda delle diverse province ed è per lo più confinato ai singoli villaggi. È danzato tra ragazzi e ragazze, e può durare anche tutta la notte sui prati intorno al villaggio. Dura tre o quattro notti, e le occasioni per relazioni di ogni genere non mancano. Nessuno sorveglia i giovani, che fanno semplicemente baldoria. Ragazze altrimenti virtuose trascorrono le notte con amanti improvvisati, e nel villaggio in cui si svolge questa storia, non solo le ragazze si lasciavano andare, ma anche giovani spose.
Così capitava che nel villaggio ai piedi del monte Oki-yama – lontano dagli altri villaggi – la moralità fosse molto rilasciata. Non c’erano limiti a quello che una ragazza poteva o non poteva fare durante le notti del Bon Odori. Le cose continuarono a peggiorare, finché, al tempo della nostra storia, durante questi giorni di festa regnava la più totale anarchia. Alla fine avvenne che dopo un Bon particolarmente gioioso, durante una bella notte di luna piena ad agosto, la corteggiata e affascinante figlia di Kurahashi Yozaemon, O-Kimi, di diciotto anni, aveva promesso al suo innamorato Kurosuke che lo avrebbe incontrato segretamente quella notte, e si preparava a farlo. Dopo aver oltrepassato l’ultima casa del villaggio, giunse a un fitto boschetto, sul cui limitare c’era un uomo che O-Kimi in un primo momento scambiò per il suo innamorato. Avvicinandosi si accorse che non era Kurosuke, ma uno splendido giovane sui ventitrè anni. Non le rivolse la parola, anzi, si teneva a distanza. Se lei avanzava, lui indietreggiava. Quel giovane era così bello, che O-Kimi sentì di amarlo.
«Oh come batte il mio cuore per lui!» disse. «Dopo tutto, perché non posso lasciare Kurosuke? Non è bello come quest’uomo, che amo ancora prima di aver parlato con lui. Ora che vedo quest’uomo, provo avversione per Kurosuke».
Mentre parlava, lo vide sorridere e farle un cenno, lei lo seguì, e nessuno la vide più. La sua famiglia era abituata alle sue stranezze. Ma trascorse una settimana, e O-Kimi-San non tornava.
Qualche giorno dopo, Tamae, la figlia sedicenne di Kinsaku, che era segretamente innamorata del figlio del capo del villaggio, stava aspettando nel cortile del tempio vicino all’immagine di Jizodo (2). Improvvisamente accanto a Tamae c’era uno splendido giovane sui ventitré anni e lei, come era accaduto a O-Kimi, fu molto colpita dalla bellezza del giovane, così tanto, che quando lui la prese per mano e la portò con sé, non fece la minima resistenza, e così anche lei scomparve.
E fu così che la nona ragazza scomparve da quel piccolo villaggio. Dovunque, per trenta miglia intorno, la gente parlava e si meravigliava di queste brutte cose.
Nel villaggio di Oki-yama i vecchi dicevano:
«Sì, certamente l’immodestia delle nostre ragazze nel Bon Odori ha fatto infuriare Yenoki San: forse è lui stesso che compare in forma di quello splendido giovane e porta via le nostre figlie».
In pochi giorni quasi tutti furono d’accordo che le sparizioni si dovevano attribuire allo spirito dell’albero di Yenoki, e non appena questa consapevolezza prese radici, tutti i paesani si chiusero e barricarono in casa giorno e notte. Le coltivazioni furono trascurate, nessuno portò più la legna giù dalla montagna, il commercio si fermò. Le voci su questi fatti si diffusero, e il signore di Kishiwada, diventando inquieto, fece chiamare Sonobé Hayama, la più celebre lama di quella parte del Giappone.
«Sonobé, tu sei l’uomo più coraggioso che io conosca e il miglior combattente. Andrai a controllare l’albero in cui risiede lo spirito di Yenoki. Dovrai essere molto prudente. Non sono in grado di consigliarti qual è la cosa migliore da fare. Lascio a te il compito di risolvere il mistero della sparizione di quelle nove ragazze».
«Mio signore», disse Sonobé, «la mia vita è al vostro servizio. Svelerò il mistero o morirò».
Dopo questo colloquio con il padrone, Sonobé tornò a casa. Si dedicò a riti di pulizia e purificazione. Si lavò e purificò per una settimana, poi si recò a Oki-yama.
Era il mese di ottobre, quando le cose hanno il loro aspetto migliore. Sonobé salì sulla montagna e prima di tutto arrivò al tempio, dove giunse alle tre del pomeriggio, dopo una dura arrampicata. Qui pregò per mezz’ora davanti al dio Fudo. Poi sedette di fronte alla corta valle che conduceva al monte Oki-yama, e all’albero in cui risiedeva lo spirito del sacerdote con un occhio solo.
Era un’arrampicata lunga e ripida, senza sentieri, perché la montagna era evitata il più possibile persino dai taglialegna più avventurosi, nessuno dei quali si sarebbe mai sognato di salire fino all’albero di Yenoki. Sonobé era in ottima forma ed era un guerriero coraggioso. Gli alberi erano fitti, c’era una umidità raggelante, proveniente dagli spruzzi di un’alta cascata. La solitudine era intensa, e un paio di volte Sonobé portò la mano all’elsa della spada, credendo di udire qualcuno che lo seguiva nell’oscurità, ma non c’era nessuno e intorno alle cinque Sonobé aveva raggiunto l’albero, a cui si rivolse così:
«Onorevole e vecchio albero, che hai sfidato secoli di tempeste, finché sei diventato la dimora dello spirito di Yenoki. In verità è di grande onore avere una dimora tanto nobile, e per questo non può essere stato un uomo cattivo. Tuttavia sono stato mandato dal signore Kishiwada per muovergli un rimprovero e per chiedere perché lo spirito di Yenoki appare con l’aspetto di uno splendido giovane per rapire le figlie di tanta povera gente. Tutto questo deve cessare, altrimenti tu, in quanto sei la dimora dello spirito di Yenoki, sarai abbattuto, così che lo spirito possa fuggire in un’altra parte del paese».
In quel momento un vento caldo soffiò sul viso di Sonobé, e nuvole scure comparvero su di sui, facendo diventare scura la foresta, cominciò a cadere la pioggia e si udì il brontolio del terremoto.
Improvvisamente apparve la figura di un vecchio sacerdote in forma di uno spirito, magro e rugoso, trasparente e umidiccio, terrificante, ma Sonobé non aveva paura.
«Sei stato mandato dal signore di Kishiwada», disse lo spirito. «Ammiro il tuo coraggio a venire qui. La maggior parte degli uomini sono corrotti e codardi, hanno paura di avvicinarsi al luogo dove il mio spirito si è rifugiato. Ti assicuro che non sono malvagio davanti al bene. La morale nel villaggio è ormai contaminata dai vizi, era tempo di dar loro una lezione. I costumi dei paesani sfidano gli dei. È vero, sperando di migliorare quella gente e di renderli devoti, ho assunto la forma di un giovane e ho rapito nove delle peggiori tra loro. Sono abbastanza migliorate. Si pentono delle loro colpe e cambieranno i costumi del villaggio. Ogni giorno ho fornito loro delle letture.. Le troverai legate agli alberi sul Mino toge, la seconda cima di questa montagna. Vai e liberale, poi riferisci al tuo signore ciò che ha fatto lo spirito di Yenoki, il sacerdote con un occhio solo, e digli che è sempre disponibile ad aiutarlo per migliorare il suo popolo. Addio!»
Lo spirito aveva appena pronunciato l’ultima parola, che svanì. Sonobé, che si sentiva un po’ stupefatto da ciò che lo spirito aveva detto, si avviò comunque verso il Mino toge, dove trovò effettivamente le nove ragazze legate ciascuna a un albero, come aveva detto lo spirito. Tagliò le corde che le legavano, diede loro una lettura e le ricondusse al villaggio, poi riferì al signore di Kishiwada.
Da allora la gente ebbe più che mai paura dello spirito del sacerdote con un occhio solo e cambiò vita completamente, un esempio per i villaggi circostanti.
Le nove case delle famiglie le cui figlie avevano vissuto quella brutta esperienza diedero ogni anno il loro contributo in riso per il sostentamento dei sacerdoti del tempio di Fudo-myo-o. Furono chiamate “le nove famiglie del riso di Oki”.
Note:
1 In sanscrito Achala, che significa “inamovibile”; è sempre raffigurato circondato dal fuoco, mentre siede con pazienza come esempio per gli altri. Tiene una spada in una mano e una fune nell’altra, come avvertimento della punizione che attende coloro che non sono capaci di superare con onore le dure sfide dell’esistenza.
2 In sanscrito Kshitigarbha, protettore delle donne e dei bambini.
Testo originale e illustrazione in:
http://www.sacred-texts.com/shi/atfj/atfj43.htm