Leggende Orientali – LO SPIRITO DEL SALICE
Leggenda dal Giappone
Tradotta da Dario55
LO SPIRITO DEL SALICE
Un migliaio di anni fa (ma secondo la cronologia ufficiale 878 anni or sono) fu fondato il tempio di “San-jū-san-gen Do”. Era il 1132. “San-jū-san-gen Do” significa “Sala dei 33 spazi”, e si dice che nel tempio ci fossero oltre 33.333 raffigurazioni della dea Kwannon, la dea della misericordia.
Prima che il tempio fosse costruito, in un villaggio vicino c’era un salice di grandi dimensioni. Era praticamente il centro del territorio di gioco di tutti i bambini del villaggio, che si dondolavano sui suoi rami e si arrampicavano su di lui. Nella calura dell’estate forniva ombra agli anziani e la sera, dopo il lavoro, molti erano gli innamorati che si promettevano eterno amore sotto i suoi rami. Sembrava che quell’albero avesse il potere di influire sul bene di tutti. Perfino i viaggiatori stanchi potevano dormire tranquilli e quasi all’asciutto sotto i suoi rami. Ma ahimè, anche a quei tempi le persone erano spesso crudeli nei confronti degli alberi. Un giorno i paesani manifestarono l’intenzione di abbattere il salice e di usarlo per costruire un ponte attraverso il fiume.
Nel villaggio viveva un giovane contadino di nome Heitaro, che aveva vissuto tutti i suoi giorni accanto al vecchio albero, così come suo padre prima di lui, e che era fieramente contrario al taglio dell’albero.
“Un albero come questo deve essere rispettato”, pensava. “Ha o non ha sfidato le tempeste per secoli? Che piacere ha procurato ai bambini nella calura dell’estate! Non ha forse donato riparo a chi era stanco e momenti romantici agli innamorati?”
Heitaro espose tutti questi pensieri ai paesani.
«Piuttosto che approviate la decisione di abbatterlo», disse, «taglierò dai miei alberi tutti quelli che vi servono e ve li regalerò per costruire il ponte. Ma lasciate in pace per sempre questo caro e vecchio salice».
I paesani accettarono prontamente. Anche loro avevano una segreta venerazione per il vecchio albero.
Heitaro fu entusiasta e andò subito a cercare il legno con cui costruire il ponte.
Qualche giorno dopo Heitaro, tornando dal lavoro, trovò una bella ragazza in piedi sotto il salice.
Istintivamente s’inchinò davanti a lei. Lei restituì l’inchino. Parlarono insieme dell’albero, della sua età e di quanto era bello. Infatti sembrava che fossero attratti a vicenda da una comune simpatia. Heitaro era dispiaciuto quando lei disse che doveva andare e gli augurò una buona giornata. Quella sera la sua mente non riusciva a concentrarsi sulle cose di tutti i giorni.
“Chi era quella ragazza sotto il salice? Come mi piacerebbe rivederla!”, pensava.
Quella notte Heitaro non riuscì a prendere sonno. Era stato preso dalla febbre dell’amore.
Il giorno dopo si recò presto al lavoro e ci restò per tutto il giorno, lavorando molto più duramente del solito nel tentativo di dimenticare la ragazza incontrata sotto il salice, ma la sera, guarda un po’, la ragazza era di nuovo lì! Questa volta venne avanti per salutarlo in modo molto amichevole.
«Benvenuto, amico mio!», disse. «Vieni a riposarti sotto i rami del salice che ami tanto, perché certo sei stanco.»
Heitaro accettò prontamente l’invito e non solo si fermò a riposare, ma le dichiarò anche il suo amore.
Un giorno dopo l’altro quella misteriosa ragazza (che nessun altro in paese aveva visto) prese l’abitudine di incontrare Heitaro e alla fine promise di sposarlo purché non le avesse mai chiesto notizie dei suoi parenti o amici.
«Non ne ho», soggiunse. «Posso solo prometterti di essere una moglie brava e fedele e assicurarti che ti amerò con tutto il cuore e tutta l’anima. Chiamami “Higo”1 e diventerò tua moglie».
Il giorno dopo Heitaro portò Higo a casa sua e furono sposati. In poco meno di un anno nacque loro un figlio che diventò la loro gioia assoluta e li assorbì completamente. Non c’era un momento di tempo libero in cui Heitaro o la moglie non giocassero con il bambino, che avevano chiamato Chiyodō. È quasi impossibile che in tutto il Giappone in una casa potesse regnare tanta felicità come in quella di Heitaro con la sua brava moglie e il loro splendido bambino.
Ahimè, dove in questo mondo la perfetta felicità ha mai potuto durare per sempre? Anche se gli dei lo permettono, le leggi degli uomini non lo vogliono.
Quando Chiyodō compì cinque anni – il più bel bambino dei dintorni – l’ex imperatore Toba decise di costruire a Kyoto un immenso tempio dedicato a Kwannon. Personalmente avrebbe contribuito con 1001 immagini della dea della misericordia.
Non appena si venne a sapere il desiderio dell’ex imperatore Toba, furono emanati ordini dalle autorità per raccogliere legname per la costruzione del grande tempio, e fu così che il grande salice ebbe i giorni contati, perché il suo legno avrebbe dovuto essere usato, insieme a quello di molti altri, per costruire il tetto.
Heitaro tentò nuovamente di salvare l’albero offrendo al suo posto qualsiasi altro albero crescesse da quelle parti senza chiedere alcun compenso, ma questa volta tutto fu inutile. Anche i paesani non vedevano l’ora di vedere il loro salice far parte della costruzione del tempio. Sarebbe stato di buon auspicio, pensavano, e comunque sarebbe stato un bel dono al tempio da parte loro.
Giunse il momento fatale. Una notte, mentre Heitaro con la moglie e il bambino si erano ritirati per riposare e stavano dormendo, Heitaro fu svegliato dal rumore di asce che tagliavano.. Con sua grande meraviglia, trovò l’amata moglie seduta sul letto che lo guardava con espressione seria, mentre le lacrime le scendevano sulle guance e singhiozzava amaramente.
«Amatissimo sposo», disse con voce soffocata, «ascolta, ti prego, quello che ti dirò e non dubitarne. Questo, purtroppo, non è un sogno. Quando ci siamo sposati, ti ho pregato di non chiedermi la mia storia, e tu non lo hai mai fatto; ma ti ho promesso che un giorno te l’avrei raccontata, se si fosse presentata un’occasione importante per farlo. Disgraziatamente questa occasione è arrivata, mio caro sposo. Io non sono altro che lo spirito del salice che tu amavi e che anni or sono hai generosamente salvato. È stato per ripagarti della tua grande gentilezza che ti sono apparsa in forma umana sotto l’albero nella speranza di vivere con te e renderti felice per tutta la vita. Ma, ahimè, non lo posso fare! Stanno abbattendo il salice. Sento in me ogni colpo delle loro asce! Sono destinata a morire, perché sono parte di lui. Il mio cuore si spezza pensando che dovrò lasciare anche il mio amato figlio Chiyodō e a quanto soffrirà quando verrà a sapere che la sua mamma non è più in questo mondo. Consolalo tu, amatissimo sposo! È abbastanza grande e forte da vivere con te senza una madre e senza soffrire troppo. Auguro a entrambi una vita lunga e prospera. Addio, sposo amatissimo! Devo far ritorno al salice, perché sento che i loro colpi diventano sempre più forti, e ogni colpo mi fa sentire sempre più debole».
Heitaro svegliò il bambino non appena Higo scomparve, chiedendosi se non fosse stato tutto un sogno. No, non era un sogno. Chiyodō, svegliandosi, tese le braccia nella direzione in cui la madre se n’era andata, piangendo amaramente e supplicandola di tornare indietro.
«Mio amato figlio», disse Heitaro, «se n’è andata e non tornerà più. Vieni, vestiamoci e andiamo ad assistere al suo funerale. Tua mamma era lo spirito del grande salice».
Poco più tardi, allo spuntare del giorno, Heitaro prese per mano Chiyodō e lo condusse fino all’albero. Quando lo raggiunse, lo trovò già abbattuto e privato dei rami. È facile immaginare come si sentisse Heitaro.
Ma… strano! Malgrado unissero i loro sforzi, gli uomini non erano in grado di spostare il tronco neppure di un millimetro verso il fiume nel quale doveva arrivare galleggiando fino a Kyoto.
Vedendo questo, Heitaro si rivolse agli uomini.
«Amici miei, il tronco morto di questo albero che state tentando di spostare contiene lo spirito di mia moglie. Forse, se permetterete al mio piccolo figlio Chiyodō di aiutarvi, la cosa vi riuscirà più facile, e a lui piacerebbe aiutarvi a dimostrare per l’ultima volta il rispetto che portate verso sua madre».
I taglialegna furono perfettamente d’accordo e, con loro grande meraviglia, non appena Chiyodō si avvicinò all’estremità bassa del tronco e lo spinse con la sua piccola mano, l’albero scivolò con facilità verso il fiume.
FINE
Note:
1 – Camelia
Testo originale e illustrazione in: http://www.sacred-texts.com/shi/atfj/atfj04.htm