leggenda indiana – L’AMOROSA LAILI
Leggenda dall’India
Tradotta da Dario55
L’amorosa Laili
Ci fu un tempo un re di nome Dantal, che possedeva una quantità immensa di rupie, soldati e cavalli. Aveva anche un unico figlio di nome principe Majnun, che era un bellissimo ragazzo, con denti candidi, labbra rosse, occhi azzurri, guance rosa, capelli rossi e pelle bianca. A questo ragazzo piaceva moltissimo giocare con il figlio del visir, Husain Mahamat, nel giardino di re Dantal, che era molto grande e pieno di frutti squisiti, fiori e alberi. Avevano l’abitudine di estrarre i loro coltellini, spiccare i frutti e mangiarli. Re Dantal aveva incaricato un maestro di insegnare loro a leggere e scrivere.
Un giorno, quando erano ormai diventati due bei giovani adulti, il principe Majnun disse al padre:
«Husain Mahamat e io vorremmo andare a caccia».
Il padre disse che potevano andare. Allora prepararono i cavalli e tutto quello che serviva loro per cacciare e si spinsero fino alla regione di Phalana, cacciando lungo tutto il percorso, ma non trovando altro che sciacalli e uccelli.
Il raja della regione di Phalana si chiamava Munsuk Raja e aveva una bellissima figlia di nome Laili, con gli occhi marrone e i capelli neri.
Una notte, poco prima che il principe Majnun facesse ritorno alla casa del padre, Khuda1 le inviò un angelo in forma umana, che le disse che avrebbe dovuto sposare il principe Majnun e nessun altro e che questo era il comando che Khuda le impartiva. Quando Laili si svegliò, raccontò al padre dell’angelo che le aveva fatto visita durante il sonno, ma il padre non prestò attenzione al suo racconto. Da quel momento lei cominciò a ripetere: «Majnun, Majnun, voglio Majnun», e non diceva più nient’altro. Persino mentre sedeva a mangiare continuava a dire: «Majnun, Majnun, voglio Majnun».
Suo padre era molto seccato. «Chi è questo Majnun?» chiese. «Dove hai sentito parlare di questo Majnun?»
«È l’uomo che sposerò», rispose Laili. «Khuda mi ha ordinato di non sposare altri che Majnun». Ed era mezzo impazzita.
Nel frattempo Majnun e Mahamat arrivarono nella regione di Phalana per cacciare, e mentre stavano cavalcando, Laili uscì sul suo cavallo per prendere un po’ d’aria e cavalcò dietro di loro. Per tutto il tempo continuava a ripetere: «Majnun, Majnun, voglio Majnun».
Il principe la udì e si girò. «Chi mi chiama?» domandò. In quel momento Laili lo vide e nell’attimo stesso in cui lo vide s’innamorò di lui e disse tra sé: “Sono certa che quello è il principe Majnun che Khuda mi ha detto di sposare”. Tornò a casa dal padre e gli disse: «Padre, desidero sposare il principe che è giunto nel tuo regno, perché so che è il principe Majnun colui che devo sposare».
«Molto bene» disse Munsuk Raja, «lo avrai per marito. Domani stesso glie lo domanderemo».
Laili fu d’accordo di aspettare l’indomani, benché fosse molto impaziente. Quella sera, mentre questo accadeva, il principe lasciò il regno di Phalana, e quando Laili venne a sapere che se n’era andato, quasi impazzì. Non volle ascoltare una sola parola di ciò che le dicevano il padre o la madre o i servitori, ma se ne andò nella giungla e vagò da una giungla all’altra fino a quando fu lontanissima dal suo paese. Per tutto il tempo continuò a ripetere: «Majnun, Majnun, voglio Majnun», e così andò vagando per circa dodici anni.
Trascorsi che furono dodici anni, incontrò un fachiro – in realtà era un angelo, ma non lo riconobbe – che le chiese: «Perché ripeti sempre “Majnun, Majnun, voglio Majnun”?» Lei rispose: «Sono la figlia del re della regione di Phalana e voglio trovare il principe Majnun: dimmi dov’è il suo regno».
«Penso che non ci arriverai mai», disse il fachiro, «perché è molto lontano da qui, e dovrai attraversare molti fiumi per raggiungerlo». Ma Laili disse che non glie ne importava, doveva vedere il principe Majnun. «Bene», disse il fachiro, «quando arriverai al fiume Bhagirathi, vedrai un grande pesce, un rohu,2 e dovrai catturarlo per farti trasportare alla terra del principe Majnun, altrimenti non la raggiungerai mai».
Lei proseguì il suo cammino e alla fine arrivò al fiume Bhagirathi. Qui c’era un grande pesce chiamato il pesce rohu. Proprio nel momento in cui Laili arrivò vicino a lui, stava sbadigliando, e subito lei gli saltò giù in gola arrivando nello stomaco. Per tutto il tempo continuò a ripetere: «Majnun, Majnun, voglio Majnun». Allora il rohu fu molto allarmato e si mise a nuotare nel fiume più in fretta che poté. A poco a poco si stancò e diventò più lento, finché un corvo arrivò e gli si appollaiò gracchiando sulla schiena.
«Oh, signor corvo», disse il povero pesce, «potresti andare a vedere cosa ho nello stomaco che fa tanto rumore?».
«Certamente», disse il corvo, «apri molto bene la bocca, così ci volerò dentro e vedrò». Allora il rohu aprì le mascelle e il corvo volò giù, ma risalì molto in fretta. «Hai un Rakshas3 nello stomaco», disse il corvo, e volò via.
Questa notizia non tranquillizzò certo il povero rohu, che nuotò e nuotò fino a quando arrivò al paese del principe Majnun. Qui si fermò. E uno sciacallo scese al fiume per bere.
«Oh, sciacallo», disse il rohu, «dimmi cosa ho dentro di me».
«Come faccio a dirlo?» disse lo sciacallo. «Non posso vedere a meno che non entri dentro di te».
Allora il rohu aprì bene la bocca, e lo sciacallo vi saltò dentro e scese lungo la gola. ma risalì in fretta, con un aspetto molto spaventato, e disse: «Hai un Rakshas nello stomaco, e se non corro via in fretta, ho paura che mi mangerà». E corse via.
Dopo lo sciacallo arrivò un enorme serpente.
«Oh», disse il pesce, «dimmi cosa ho nello stomaco, perché si muove in continuazione e continua a ripetere: “Majnun, Majnun, voglio Majnun”».
Il serpente disse: «Apri bene la bocca e andrò a vedere di che si tratta.» Il serpente scese nello stomaco. Quando uscì, disse: «Hai un Rakshas nello stomaco, ma se me lo lascerai aprire, te lo tirerò fuori». «Se lo farai, morirò», disse il rohu. «No che non morirai», disse il serpente, «perché ti darò una medicina che ti farà di nuovo star bene». Allora il pesce accettò, e il serpente prese un coltello e gli aprì lo stomaco, e subito ne saltò fuori Laili.
Era diventata molto vecchia. Aveva vagato per vent’anni nella giungla e per altri vent’anni aveva vissuto dentro il rohu, aveva perso tutti i denti, e la sua bellezza era svanita. Il serpente se la fece salire sul dorso e la portò nella regione, poi la fece scendere, e lei camminò a lungo, fino a quando giunse al palazzo di Majnun, dove sedeva Majnun. Qui alcuni uomini la udirono gridare: «Majnun, Majnun, voglio Majnun» e le chiesero cosa voleva. «Voglio Re Majnun», rispose lei.
Essi allora andarono dal Principe Majnun e gli dissero: «Una vecchia qui fuori dice che ti vuole». «Non posso lasciare questo posto», disse lui, «mandatemela qui». L’accompagnarono dentro, e il principe le chiese cosa desiderasse. «Voglio sposarti», rispose. «Ventiquattro anni fa andai da mio padre, il raja di Phalana, e gli dissi che volevo sposarti, ma tu te ne andasti dal paese senza sposarmi. Allora sono quasi impazzita e ho vagato tutti questi anni alla tua ricerca.» Il principe Majnun disse: «Molto bene».
«Prega Khuda», disse Laili, «di farci ritornare giovani, così potremo sposarci». Allora il principe pregò Khuda, e Khuda gli disse: «Tocca i vestiti di Laili, e prenderanno fuoco, e mentre bruceranno, tu e lei ritornerete giovani».
Quando il principe toccò i vestiti di Laili, questi presero fuoco, e lei e lui ritornarono giovani. Ci furono grandi festeggiamenti, i due si sposarono e viaggiarono fino alla regione di Phalana per conoscere il padre e la madre di lei.
Ora, il padre e la madre di Laili avevano pianto così tanto per la figlia, che erano diventati quasi ciechi, e il padre ripeteva in continuazione: «Laili, Laili, Laili». Quando Laili vide la loro cecità, pregò Khuda di ridare loro la vista, cosa che egli fece. Non appena il padre e la madre videro Laili, la abbracciarono e la baciarono, poi si tennero le nozze tra grandi festeggiamenti. Il principe Majnun e Laili rimasero con Munsuk Raja e sua moglie per tre anni, poi fecero ritorno da re Dantal e vissero felici per un certo tempo con lui.
Avevano l’abitudine di uscire a caccia e spesso andavano di paese in paese a prendere aria e a divertirsi.
Un giorno il principe Majnun disse a Laili: «Attraversiamo questa giungla». «No, no», disse Laili, «se attraverseremo questa giungla, mi succederà qualcosa di male». Ma il principe Majnun si mise a ridere ed entrò nella giungla. E appena ebbero cominciato ad attraversarla, Khuda pensò: “Adesso voglio proprio sapere quanto il principe Majnun ama sua moglie. Sarà dispiaciuto, se lei muore? E sposerebbe un’altra donna? Voglio proprio vedere”. Così mandò nella giungla uno dei suoi angeli con l’aspetto di un fachiro; e l’angelo andò da Laili e le gettò un po’ di polvere in faccia, e lei immediatamente cadde a terra in un mucchietto di cenere.
Il principe Majnun fu molto addolorato e disperato, quando vide la sua amata Laili trasformata in un mucchietto di cenere; corse subito a casa dal padre e per moltissimo tempo non ci fu modo di consolarlo. Dopo moltissimi anni, si sentì un po’ più tranquillo e sereno, e cominciò a passeggiare nei bei giardini del padre insieme a Husain Mahamat. Re Dantal desiderava che il figlio si risposasse, ma il principe Majnun diceva: «L’unica donna che voglio sposare è Laili; non voglio sposare nessun’altra donna».
«Come puoi sposare Laili? Laili è morta. Non tornerà mai più da te», gli diceva il padre.
«Allora non avrò mai più una moglie», rispondeva il principe Majnun.
Intanto Laili stava vivendo nella giungla, dove il marito l’aveva lasciata come un mucchietto di cenere. Non appena Majnun se n’era andato, il fachiro aveva preso le sue ceneri, le aveva ripulite un po’ e le aveva mescolate con argilla e acqua, poi con esse aveva formato la figura di una donna, cosicché Laili aveva ripreso la forma umana, e Khuda mandò la vita dentro di lei. Ma Laili era diventata di nuovo una orribile vecchia, con un lunghissimo naso e denti simili a zanne, identica, tranne per i denti, a una vecchia come era stata quando era uscita dal pesce rohu; e viveva nella giungla, senza mangiare né bere, continuando a ripetere: «Majnun, Majnun, voglio Majnun».
Infine l’angelo che era arrivato come fachiro e aveva gettato la polvere su di lei disse a Khuda: «A che serve che questa donna stia seduta nella giungle, piangendo e gridando in continuazione: “Majnun, Majnun, voglio Majnun“, senza mangiare né bere? Permetti che la porti dal principe Majnun». «Bene», disse Khuda, «puoi farlo, ma dille che non deve rivolgere la parola a Majnun, se ha paura di lei quando la vede; e se quando la vede ha paura di lei, il giorno dopo lei diventerà un cagnolino bianco. Allora dovrà andare a palazzo e riprenderà la forma umana se il principe Majnun l’amerà, la nutrirà con il suo stesso cibo e la farà dormire nel suo letto».
Allora l’angelo tornò da Laili, nuovamente come fachiro, e la portò al giardino di re Dantal. «Ora», disse, «è comando di Khuda che tu rimanga qui finché il principe Majnun verrà a passeggiare nel giardino, dopodichè potrai mostrarti a lui. Ma non gli dovrai parlare, se sarà spaventato da te, e se sarà spaventato da te, domani diventerai un cagnolino bianco». Poi le disse che avrebbe dovuto diventare un cagnolino bianco per riconquistare la forma umana.
Laili rimase nel giardino, nascosta nell’erba alta, fino a quando il principe Majnun e Husain Mahamat vennero a passeggiare nel giardino. Re Dantal era allora un uomo molto vecchio, e Husain Mahamat, sebbene fosse solo poco più vecchio del principe Majnun, sembrava di gran lunga più vecchio del principe, che era stato molto ringiovanito quando aveva sposato Laili.
Mentre il principe Majnun e il figlio del visir passeggiavano nel giardino, raccoglievano la frutta come se fossero tornati bambini e la mordevano, non la tagliavano. Mentre Majnun era occupato a mangiare un frutto in questo modo e stava parlando con Husain Mahamat, si voltò verso di lui e vide Laili che camminava dietro il figlio del visir. «Guarda, guarda!» esclamò «Guarda cosa ti sta seguendo: è un Rakshas o un demone, e sono sicuro che sta per mangiarci!». Laili lo guardò con occhi supplichevoli e tremante per l’età e l’ansia, ma questo spaventò Majnun ancora di più. «È un Rakshas, un Rakshas!» gridò, e corse veloce verso il palazzo insieme al figlio del visir; e non appena furono corsi via, Laili scomparve nella giungla. Corsero da re Dantal, e Majnun gli disse che c’era un Rakshas o un demone nel giardino che era venuto per mangiarli.
«Che assurdità», disse suo padre. «Incredibile che due uomini adulti siano così spaventati da una vecchia ayah4 o da un fachiro! E se anche fosse stato un Rakshas, non vi avrebbe mangiati». Re Dantal credette che Majnun non avesse visto un bel niente, fino a quando Husain Mahamat disse che il principe aveva raccontato la pura verità. Cercarono in giardino quella terribile vecchia, ma non trovarono nulla, e re Dantal disse al figlio che era davvero sciocco a essere così spaventato. Malgrado ciò il principe Majnun non volle più andare a passeggiare in giardino.
Il giorno dopo Laili si trasformò in un grazioso cagnolino bianco e in questa forma entrò nel palazzo, dove il principe Majnun presto le si affezionò moltissimo. Lo seguiva ovunque, lo accompagnava quando usciva a caccia e lo aiutava a catturare la selvaggina, e il principe Majnun la nutriva con latte o pane o qualsiasi cosa mangiasse anche lui, e di notte il cagnolino dormiva nel suo letto.
Ma una notte il cagnolino scomparve e al suo posto nel letto c’era la vecchia che lo aveva tanto spaventato nel giardino, e a questo punto il principe Majnun fu quasi certo che si trattava di un Rakshas o di un demone o un’altra cosa orrenda venuta a mangiarlo, e nel suo terrore gridò: «Cosa vuoi? Ti prego, non mangiarmi, non mangiarmi!» La povera Laili rispose: «Non mi riconosci? Sono la tua Laili, e voglio sposarti. Non ricordi quando hai voluto attraversare quella giungla, malgrado ti pregassi e implorassi di non andare, dicendoti che mi sarebbe successo qualcosa di male, e poi un fachiro è venuto da me, mi ha gettato in faccia della polvere, e io sono diventata un mucchietto di cenere. Ma Khuda mi ha ridato la vita e mi ha portata qui, dopo che sono rimasta tantissimo tempo nella giungla piangendo per te, e ora sono obbligata ad essere un cagnolino, me se tu mi sposerai, non sarò mai più un cagnolino». Majnun, tuttavia, disse: «Come faccio a sposare una vecchia come te? Com’è possibile che tu sia Laili? Sono certo che tu sei un Rakshas o un demone venuto a mangiarmi», ed era molto spaventato.
Al mattino la vecchia si era ritrasformata nel cagnolino, e il principe andò dal padre e gli raccontò tutto quanto era successo. «Una vecchia! Una vecchia! Sempre una vecchia!» disse il padre. «Non riesci a pensare ad altro che a vecchie. Com’è possibile che un uomo forte come te si faccia spaventare così facilmente?» Tuttavia, quando vide che il figlio era veramente terrorizzato e credeva veramente che quella notte la vecchia sarebbe ritornata, gli consigliò di dirle: «Ti sposerò, se sarai capace di ritornare giovane. Altrimenti come faccio a sposare una vecchia come te?»
Quella notte, mentre stava tremante nel letto, la vecchia si coricò accanto a lui al posto del cane, gridando: «Majnun, Majnun, ti voglio sposare. Ti ho amato per tutti questi lunghissimi anni. Quando ero giovane nel regno di mio padre, sono venuta a sapere di te, anche se tu non sapevi nulla di me, e ci saremmo sposati, se tu non te ne fossi andato così all’improvviso, e per lunghissimi anni ti ho seguito». «Ebbene», disse Majnun, «se sarai capace di ritornare giovane, ti sposerò».
Laili disse: «Oh, questo è facilissimo. Khuda mi farà ritornare giovane. Tra due giorni dovrai andare nel giardino, e qui vedrai uno splendido frutto. Dovrai raccoglierlo e portarlo nella tua stanza, tagliarlo e aprirlo con molta delicatezza, e non lo dovrai aprire se tuo padre o chiunque altro è con te, ma se sarai del tutto solo, perché dentro il frutto ci sarò io senza nessun vestito, completamente nuda». Il mattino dopo Laili riprese la sua forma di cagnolino, andò nel giardino e scomparve.
Il principe Majnun raccontò tutto al padre, il quale gli disse di fare tutto quello che la vecchia gli aveva chiesto. Due giorni dopo, lui e il figlio del visir passeggiavano nel giardino e videro un frutto rosso grande e bello. «Oh!» disse il principe «Mi domando se troverò mia moglie in quel frutto». Husain Mahamat voleva che lo raccogliesse e guardasse, ma il principe non volle fino a quando non lo ebbe detto al padre, che disse: «Deve essere quello il frutto: va e raccoglilo». Allora Majnun tornò in giardino e staccò il frutto dal gambo, poi disse al padre: «Vieni con me nella mia stanza mentre lo apro: ho paura di aprirlo da solo, perché forse ci troverò un Rakshas che mi mangerà».
«No», disse re Dantal, «ricordati: Laili sarà nuda; devi andare da solo e non aver paura se poi nel frutto c’è un Rakshas, perché io sarò fuori della porta, dovrai solo chiamarmi a voce alta, io accorrerò e il Rakshas non riuscirà a mangiarti».
Allora Majnun prese il frutto e cominciò a tagliarlo tremante di paura e, quando lo ebbe tagliato, ne uscì Laili, giovane e molto più bella di quanto l’avesse mai vista prima. Alla vista della sua straordinaria bellezza, Majnun cadde all’indietro e svenne sul pavimento.
Laili gli tolse il turbante e se lo avvolse intorno al corpo come un sari (infatti era completamente priva di vestiti), poi chiamò re Dantal e gli chiese con tristezza: «Perché Majnun è caduto in questo modo? Perché non vuole parlare con me? Non aveva mai avuto paura di me, eppure mi ha vista moltissime volte».
Re Dantal rispose: «È perché sei bellissima. Sei molto molto più bella di quanto non lo sia mai stata. Ma sarà subito molto felice». Poi il re prese un po’ d’acqua e bagnò la faccia di Majnun, gliene diede un po’ da bere, e lui si mise a sedere di nuovo.
Allora Laili chiese: «Perché sei svenuto? Non vedi che sono Laili?»
«Oh!» disse il principe Majnun, «lo vedo che sei Laili tornata da me, ma i tuoi occhi sono diventati così meravigliosamente belli, che sono svenuto nel vederli». Allora furono tutti molto felici, e re Dantal ordinò che tutti i tamburi del paese e tutti gli strumenti musicali fossero suonati, e fecero una grande festa di nozze, e distribuirono doni ai servitori, e riso e un gran numero di rupie ai fachiri.
Quando fu passato qualche tempo in modo molto felice, il principe Majnun e la moglie uscirono a prendere aria. Cavalcavano sullo stesso cavallo e con loro c’era un solo staffiere. Arrivarono in un altro regno, in un bel giardino. «Dobbiamo entrare in questo giardino», disse Majnun.
«No, no», disse Laili, «appartiene a un raja cattivo, Chumman Basa, un uomo molto malvagio». Ma Majnun insistette per entrare, e malgrado qualunque cosa Laili potesse dire, scese da cavallo per ammirare i fiori. Ora, mentre il marito stava ammirando i fiori, Laili vide Chumman Basa dirigersi verso di loro e lesse nei suoi occhi l’intenzione di uccidere suo marito e di rapirla. Allora disse a Majnun: «Vieni via, andiamocene, non avvicinarti a quell’uomo malvagio! Vedo nei suoi occhi e sento nel mio cuore che ha intenzione di ucciderti e di rapirmi».
«Che assurdità», disse Majnun. «Credo che sia un bravissimo raja. E comunque, sono così vicino a lui, che non potrei scappare».
«Bene», disse Laili, «è meglio che sia ucciso tu piuttosto che io, perché se fossi uccisa per la seconda volta, Khuda non mi ridarebbe la vita, mentre io posso riportarti alla vita, se vieni ucciso». Ora Chumman Basa era arrivato molto vicino e sembrava molto ben disposto – così pensava il principe Majnun – ma quando stava parlando con Majnun, estrasse la scimitarra e mozzò la testa del principe in un colpo solo.
Laili sedeva in silenzio sul cavallo e quando il raja si avvicinò, disse: «Perché hai ucciso mio marito?»
«Perché ti voglio prendere», rispose lui.
«Non puoi», disse Laili.
«Certo che posso», disse il raja.
«Prendimi, allora», disse Laili. Allora Chumman Basa si avvicinò e spinse avanti le mani per strapparla da cavallo. Ma lei mise la mano in tasca ed estrasse un piccolo coltello, lungo solo quanto la larghezza della sua mano; il coltello si allungò in un attimo fino a diventare lunghissimo, Laili compì un ampio movimento circolare con le mani e il suo lunghissimo coltello, e la testa di Chumman Basa cadde non appena toccata.
Allora Laili scivolò giù dal cavallo e si avvicinò al corpo senza vita di Majnun, tagliò il proprio dito per tutta la sua lunghezza, dalla punta dell’unghia fino al palmo, e ne fece sprizzare il sangue come una medicina risanatrice. Poi prese sulle spalle la testa di Majnun e spalmò il suo sangue risanatore su tutta la ferita, e Majnun si svegliò e disse: «Che sonno piacevole ho fatto! Mi sembra di aver dormito per anni!» Poi si alzò in piedi e vide il cadavere del raja vicino al cavallo di Laili.
«Cos’è questo?», disse Majnun.
«È il malvagio raja che ti ha ucciso per rapirmi, proprio come ti avevo detto che aveva intenzione di fare».
«Chi l’ha ucciso?” chiese Majnun.
«Sono stata io», rispose Laili, «e sono stata io che ti ho riportato alla vita».
«Allora riporta alla vita anche quel pover’uomo, se sai come fare», disse Majnun.
«No», disse Laili, «perché è un uomo malvagio e proverà di nuovo a far del male». Ma Majnun insistette così a lungo e con tanto ardore di riportare in vita il malvagio raja, che alla fine lei disse: «Salta sul cavallo, allora, e allontanati con il servitore».
«Che farai, se ti lascio?», chiese Majnun. «Non posso lasciarti».
«Avrò cura di me», lo rassicurò Laili, «ma quest’uomo è così malvagio, che potrebbe ucciderti di nuovo, se sei vicino a lui». Allora Majnun salì a cavallo, si allontanò molto insieme al servitore e si mise ad aspettare Laili. Lei allora mise la testa del malvagio raja in piedi sulle spalle e schiacciò la ferita finché ne uscì un po’ di sangue risanatore. Poi lo spalmò sul punto dove aveva toccato il coltello e non appena vide che il raja stava aprendo gli occhi, cominciò a correre, e corse, corse così veloce da superare la corsa del raja, che la inseguiva e tentava di afferrarla; poi spronò il cavallo dietro quello del marito e cavalcò velocissima, fino a quando ebbe raggiunto il palazzo di re Dantal.
Qui il principe Majnun raccontò ogni cosa al padre, che ne fu atterrito e infuriato. «Che grande fortuna per te avere una moglie come questa», disse. «Perché non hai fatto quello che ti ha detto? Se non fosse per lei, a quest’ora saresti morto». Poi ordinò una grande festa per celebrare la salvezza del figlio e distribuì una quantità immensa di rupie ai suoi fachiri. E per Laili fece ancora di più. L’amava con tutto il cuore, quel che faceva per lei non gli sembrava abbastanza. Allora fece costruire uno splendido palazzo per lei e il figlio, con una grande estensione di terreno tutto intorno e bei giardini, e diede loro grandi ricchezze e moltissimi servitori per occuparsi di loro. Ma proibì a tutti, tranne ai servitori, di entrare nei giardini e nel palazzo e non permise né al figlio né a Laili di uscirne, «perché» disse «Laili è così bella che forse qualcuno potrebbe uccidere mio figlio per portarla via».
1 Khuda o Khoda è una parola persiana che significa “Dio”.
2 Il rohu (Labeo rohita) è un pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia Cyprinidae. È anche noto con il nome di rawas in Hindi, rui in Bengali, rou in Assamese ed è popolare in Thailandia, Pakistan, Bangladesh, Orissa, Bengala Occidentale, Assam, e la regione indiana di Konkan.
3 I Rakshasa era una razza di esseri umanoidi mitologici, spiriti malvagi e cannibali.
4 Bambinaia, balia, nutrice.
Testo originale e illustrazioni in: Indian Fairy Tales, London, 1892 (edizione elettronica: http://www.gutenberg.org/files/7128/7128-h/7128-h.htm)