Leggende Orientali – LA TOMBA DI NEVE

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Leggenda dal Giappone

Tradotta da Dario55

LA TOMBA DI NEVE

Molto tempo fa viveva un giovane samurai molto celebre per la sua abilità nel combattere in quello che veniva chiamato lo stile Yagyu.(1) Era talmente esperto, che superò il maestro. Celebri furono i suoi istruttori e rinomata la scuola in cui apprese la sua arte.
Questo samurai si chiamava Rokugo e non diventò mai superbo per la sua abilità. Il fatto che fosse modesto pur essendo giovane, insieme all’intelligenza che dimostrava, spinse il suo maestro a sceglierlo come assistente. La scuola era una delle migliori di Tokyo e contava decine di allievi.
Un mese di gennaio gli allievi erano riuniti per festeggiare l’Oshogatsu, il capodanno giapponese [7 gennaio]. Si cimentavano raccontando storie di fantasmi e ciascuno di loro cercava di suscitare negli altri più paura di quanta ne avesse suscitata chi aveva parlato prima di lui. In questa occupazione trascorsero la serata. Era tradizione trascorrere così il 7 gennaio. Cento candele furono collocate in una capanna in fondo al giardino, e ciascun narratore, quando veniva il proprio turno, andava a prenderne una, fino a quando tutti ebbero raccontato le loro storie.
Venne infine il turno di Rokugo. Dopo aver preso la candela dal fondo del giardino, si mise a raccontare così:
«Amici miei, ascoltate la mia storia. Non è molto spaventosa, ma è vera. Circa tre anni fa, quando avevo diciassette anni, mio padre mi mandò a Gifu, nella provincia di Mino. Lungo la strada arrivai a un luogo chiamato Nakimura. Erano circa le dieci di sera. Fuori del villaggio, su un campo incolto, vidi una strana palla di fuoco. Si muoveva qua e là senza far rumore, si fece abbastanza vicina a me, poi si allontanò di nuovo, muovendosi come se stesse cercando qualcosa; continuava a girare in tondo sopra lo stesso punto. Si teneva a circa cinque metri da terra, ma di tanto in tanto scendeva più in basso. Inutile dire che ero spaventato, per cui mi affrettai a raggiungere la locanda di Miyoshiya e a mettermi a letto senza parlare con nessuno di quello che avevo visto, ma state certi che ero ben contento di essere al sicuro in quella casa.
«Il mattino dopo, vinto dalla curiosità, raccontai al padrone della locanda quello che avevo visto, e lui mi narrò una storia. Disse: “Circa duecento anni fa in questa zona fu combattuta una grande battaglia, e il generale sconfitto rimase anch’egli ucciso. Quando il suo corpo fu ricuperato, ancora all’inizio della battaglia, era senza testa. I soldati pensarono che la testa fosse stata portata via dal nemico. Un soldato che ci teneva più degli altri a ritrovare la testa del suo comandante continuò a cercarla mentre l’azione continuava. Durante la ricerca rimase ucciso a sua volta. Da quella sera di duecento anni or sono la palla di fuoco ha brillato dopo le dieci di sera. Da quel tempo in poi la gente l’ha chiamata Kubi sagashi no hi [il fuoco che sembra una testa]”.
«Quando il padrone ebbe finito di riferire questa storia, amici miei, mi sentii una sgradevole sensazione nel cuore. Era la prima storia di fantasmi che avessi mai udito».

Rokugo vede la ragazza fantasma

Gli allievi convennero che si trattava di una strana storia. Rokugo infilò le dita dei piedi nei geta [sandali] e si mosse per andare a prendere la propria candela in fondo al giardino. Si era appena inoltrato nel giardino, quando udì la voce di una donna.
Non c’era molta oscurità, perché il giardino era coperto di neve, ma Rokugo non riuscì a vedere alcuna donna. Aveva raggiunto le candele, quando udì nuovamente la voce e, voltandosi velocemente, vide una bella donna di circa diciotto anni.
Era abbigliata con eleganza. L’obi [cintura] era annodata in tateyanojiri.(2) L’abito era tutto in tessuto ricamato con pini e bambù, e i capelli erano acconciati in stile shimada.(3) Rokugo rimase immobile a guardarla con meraviglia e ammirazione. Dopo qualche istante si ricordò che non era altro che una ragazza, e che la sua bellezza gli aveva fatto dimenticare di essere un samurai.
“No”, disse tra sé “non è una donna in carne ed ossa, è un fantasma. Che meravigliosa opportunità di mettermi in mostra davanti ai miei amici!”
Così dicendo, sguainò la spada, forgiata dal celebre Moriye Shinkai, e con un fendente tagliò a metà il corpo dalla testa ai piedi. Poi corse, afferrò una candela e la portò nella stanza dove gli allievi lo stavano aspettando; qui raccontò la storia e li esortò ad affrettarsi per andare a vedere il fantasma.
Tutti i giovani si guardarono a vicenda, ciascuno temendo che il fantasma potesse strappargli la vita. Nessuno osava avventurarsi fuori, ma a forza di insistenze, Yamamoto Jonosuke, che aveva più coraggio degli altri, disse:
«Andrò io», e si slanciò fuori. Non appena gli altri videro ciò, raccogliendo il coraggio, uscirono nel giardino.
Quando arrivarono nel luogo in cui immaginavano che giacesse il fantasma morto, trovarono solo i resti di un pupazzo di neve costruito da loro stessi durante il giorno, tagliato a metà dalla testa ai piedi, proprio come aveva detto Rokugo. Scoppiarono tutti a ridere. Alcuni di loro erano arrabbiati perché pensavano che Rokugo si fosse fatto beffe di loro, ma quando furono tornati alla casa, trovarono Rokugo seduto con espressione di grande orgoglio, convinto che gli allievi avessero finalmente visto quanto era abile con la spada.
Lo guardarono con aria sprezzante e lo apostrofarono così:
«Abbiamo avuto una prova davvero notevole della tua abilità. Anche un ragazzino che tira un sasso a un cane avrebbe avuto il coraggio di fare quello che hai fatto tu!»
Rokugo s’infuriò e li accusò di essere degli insolenti. Perse le staffe a tal punto, che le sue mani corsero alla spada e minacciò di uccidere un paio di loro.
I samurai si scusarono per la loro scortesia, ma aggiunsero:
«Il tuo fantasma non era altro che il pupazzo di neve che abbiamo fatto stamattina. Ecco perché abbiamo detto che neanche un bambino avrebbe avuto paura di attaccarlo».
Udendo questo, Rokugo si sentì confuso e si scusò a sua volta per essersi arrabbiato. Tuttavia disse che non riusciva a capire come era stato possibile che avesse scambiato un pupazzo di neve per il fantasma di una donna. Imbarazzato e vergognoso pregò gli amici di non raccontare niente a nessuno, ma di tenere tutto per sé. Poi li salutò in fretta e lasciò la casa.
Non nevicava più, ma il terreno era ricoperto da uno spesso strato di neve. Rokugo aveva bevuto una buona dose di sakè e mentre faceva ritorno a Warigesui, si sentiva molto leggero.
Quando passò vicino ai cancelli del tempio di Korinji, vide una donna che correva in modo inspiegabilmente veloce attraverso il cortile del tempio. Si sporse oltre il recinto per vederla. Aveva i capelli scarmigliati e gli abiti tutti in disordine. Poco dopo arrivò un uomo che la inseguiva con un coltello da macellaio in mano e quando riuscì ad afferrarla, le gridò:
«Malvagia donna! Sei stata infedele al tuo povero marito e io ti ucciderò per vendicarlo, perché ero suo amico!»
E così fece, trafiggendola cinque o sei volte, poi si allontanò. Rukugo, riprendendo il cammino verso casa, pensò che l’uomo che aveva ucciso la donna infedele doveva essere proprio un buon amico. “Una donna cattiva giustamente punita con la morte”, così pensava.
Non aveva fatto molta strada, quand’ecco che, con il suo massimo sbalordimento, si trovò faccia a faccia con la donna che aveva appena visto uccidere. Lo stava guardando con occhi infuriati, e disse:
«Com’è possibile che un onorato samurai stia a guardare quello che hai appena visto e ne gioisca?»
Rokugo fu estremamente meravigliato e rispose:
«Non parlarmi come se fossi tuo marito, perché non lo sono. Sono stato contento di vederti uccidere perché sei stata infedele. Se sei il fantasma di quella donna, ti ucciderò io stesso!»
Ma prima che potesse estrarre la spada, il fantasma era scomparso.
Rokugo continuò il suo cammino e, quando fu giunto vicino a casa, incontrò una donna che gli si avvicinò con un volto orribile e digrignando i denti come se fosse in agonia.
Per quella sera le donne gli avevano creato abbastanza problemi. Forse erano volpi che avevano assunto la forma di donne, pensava continuando a osservare quest’ultima.
In quel momento ricordò di aver udito raccontare un fatto sulle donne-volpe. Si trattava di questo. Il fuoco proveniente dai corpi di volpi e tassi è sempre così brillante che anche nella notte più oscura è possibile vedere chiaramente il colore dei loro capelli o le figure ricamate sugli abiti che indossano quando assumono forma umana, e questo alla distanza di un ken [oltre cinque metri]. Ricordando questo, Rokugo si fece più vicino alla donna e… proprio così! Fu in grado di vedere il ricamo dei vestiti, sotto cui appariva il fuoco brillante. Anche sotto i capelli sembrava che ardesse un fuoco.
Ormai certo di avere a che fare con una volpe, Rokugo estrasse la sua spada migliore, quella fatta da Moriye, e avanzò con prudenza all’attacco, perché sapeva di dover uccidere la volpe e non lo spirito della volpe in forma umana. Si diceva che quando una volpe o un tasso assume forma umana, il corpo vivo si trova accanto all’apparizione. Se l’apparizione si trova a sinistra, l’animale si trova a destra.
Attenendosi a questo, Rokugo sferrò il suo attacco e uccise la volpe e quindi anche l’apparizione.
Corse a casa e chiamò i parenti, che uscirono con le lanterne. Vicino a un mirto vecchio di quasi trecento anni trovarono il cadavere, non di una volpe o di un tasso, ma di una lontra. L’animale fu portato a casa.
Il giorno dopo furono diramati inviti a tutti gli allievi della scuola di scherma perché venissero a vederlo, e ci fu una grande festa: Rokugo aveva scongiurato una grande disgrazia. Gli allievi costruirono una tomba per l’animale. Questa tomba è conosciuta con il nome di Yukidzuka [La Tomba di Neve] e la si può ancora ammirare nel tempio di Korinji nel distretto di Honjo Warigesui.

FINE

Note:
1 – Stile Yagyu – È stato lo stile della guardia imperiale Togukawa. Yagyu Renyasai, uno dei più grandi spadaccini del Giappone feudale, fu un maestro e creò la scuola di spada Tagyu Shinkage Ryu. Yagyu fu il fondatore di questa scuola e l’istruttore personale dei primo Shogūn, Tokugawa leyasu.
2 – Tateyanojiri – È la forma della freccia in posizione eretta, come quando si trova nella faretra.
3 – Acconciatura in stile shimada – Acconciatura gonfia e laccata; originariamente adottata dalle geishe, perse in seguito questa caratteristica e venne usata anche dalle donne comuni.

Testo originale e immagine in: http://www.sacred-texts.com/shi/atfj/atfj52.htm

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