leggende orientali – LA STORIA DI UN BRAHMADAITYA
Leggenda dall’India
Tradotta da Dario55
La storia di un Brahmadaitya [1]
Visse un tempo un povero brahmano che aveva una moglie. Non avendo mezzi di sostentamento avevano l’abitudine di andare ogni giorno mendicando di porta in porta, e così ottenevano un po’ di riso che facevano bollire e mangiavano insieme a qualche verdura che raccoglievano qua e là nei campi. Dopo qualche tempo accadde che cambiò il padrone del villaggio, e il brahmano pensò di andare a chiedere qualche favore al nuovo possidente. E così un mattino il Brahmano si recò alla casa del possidente per rendergli omaggio. Proprio in quel momento il possidente si stava informando presso i servitori sul villaggio e le sue varie parti. Il possidente aveva udito che un certo albero di banyan alla periferia del villaggio era infestato da una gran quantità di spiriti e che nessuno aveva mai il coraggio di avvicinarsi di notte a quell’albero. In passato alcuni ragazzi temerari vi si erano recati di notte presso, ma erano stati trovati tutti morti con il collo spezzato. Da quella volta nessuno più si era arrischiato ad avvicinarsi di notte all’albero, benché durante il giorno alcuni mandriani portassero le mucche nel prato.
Udendo ciò il nuovo possidente disse che se qualcuno fosse andato di notte fino all’albero, avesse tagliato uno dei suoi rami e glielo avesse portato, gli avrebbe concesso cento bighas [2] di terreno senza chiedergli l’affitto.
Nessuno dei servi del possidente accettò la sfida, poiché erano certi che sarebbero stati strangolati dagli spiriti. Il brahmano che era seduto tra loro, pensò: “Ormai sono quasi morto di fame, non riesco mai a riempirmi la pancia. Se vado di notte fino all’albero e riesco a tagliare uno dei rami, riceverò cento bighas di terreno senza affitto e sarò sistemato per tutta la vita. Se invece lo spirito mi uccide, non sarà una gran tragedia: morire di fame non è tanto meglio che essere ucciso dagli spettri”.
Allora si offrì di andare fino all’albero e tagliare un ramo quella notte stessa. Il possidente confermò la promessa e disse al brahmano che se fosse riuscito a portargli uno dei rami di quell’albero infestato tagliato di notte, gli avrebbe dato cento bighas di terra senza affitto.
Durante quel giorno, dopo che la gente del villaggio ebbe udito della promessa del possidente e dell’offerta del brahmano, tutti provarono compassione per quell’infelice uomo. Lo biasimavano per la sua avventatezza, poiché erano certi che gli spiriti lo avrebbero ucciso, come già avevano ucciso tanti altri prima di lui. La moglie tentò di dissuaderlo dalla temeraria impresa, ma inutilmente. Le disse che in ogni caso sarebbe morto, ma che forse c’era una possibilità di salvezza e di essere indipendente per tutta la vita. E così un’ora prima del tramonto il brahmano si mise in cammino. Arrivò alla periferia del villaggio senza il minimo timore fino a un albero Bakula (Mimusops elengi), da cui l’albero infestato distava poche centinaia di metri. Ma sotto l’albero Bakula il cuore del brahmano si riempì di timori. Cominciò a tremare di paura, e il suo cuore ondeggiava come il movimento in su e in giù del pedale di un arcolaio. Ora l’albero Bakula era il rifugio di un Brahmadaitya che, vedendo il brahmano fermarsi sotto l’albero, gli parlò e disse:
– Nell’istante in cui fu vibrato il primo colpo, un gran numero di spiriti si slanciò contro il brahmano. –
«Hai paura, brahmano? Dimmi cosa vuoi fare, e ti aiuterò. Sono un Brahmadaitya».
Il brahmano rispose:
«O spirito benedetto, voglio andare a quell’ albero di banyan laggiù e tagliare uno dei suoi rami per lo zemindar [3], che ha promesso di darmi cento bighas di terreno senza affitto. Ma il coraggio mi sta abbandonando. Ti sarò infinitamente grato se vorrai aiutarmi».
Il Brahmadaitya rispose:
«Certo, brahmano, ti aiuterò. Vai verso l’albero, e io verrò con te».
Il brahmano, confidando nella forza soprannaturale del suo protettore invisibile, oggetto di timore e rispetto da parte degli altri spiriti, camminò senza paura verso l’albero infestato e una volta che lo ebbe raggiunto cominciò a tagliare un ramo con la roncola che aveva in mano. Ma nell’istante in cui fu vibrato il primo colpo, un gran numero di spiriti si slanciò contro il brahmano, che sarebbe stato fatto a pezzi, se il Brahmadaitya non fosse intervenuto dicendo in tono di comando:
«Spiriti, ascoltate. Costui è un povero brahmano. Desidera prendere da questo albero un ramo che sarà molto prezioso per lui. È mia volontà che gli permettiate di tagliare un ramo».
Gli spiriti all’udire la voce del Brahmadaitya, risposero:
«Sia come tu desideri, padrone. Siamo pronti a fare qualsiasi cosa a un tuo comando. Il brahmano non dovrà preoccuparsi di tagliare il ramo: lo taglieremo noi per lui».
Così dicendo in un batter d’occhio gli spiriti misero nelle mani del brahmano un ramo dell’albero, e il brahmano tornò con quanta velocità aveva nelle gambe alla casa dello zemindar. Lo zemindar e la sua gente furono non poco meravigliati nel vedere il ramo, ma lo zemindar disse:
«Bene, domani controlleremo se questo ramo è un ramo dell’albero infestato oppure no; se lo è riceverai la ricompensa promessa».
Il mattino seguente lo zemindar in persona insieme ai suoi servitori si recò presso l’albero infestato e scoprì con sua enorme sorpresa che il ramo nelle sue mani era veramente un ramo di quell’albero vedendo il punto da cui era stato tagliato. Soddisfatto da questo, lo zemindar ordinò di stendere un documento con cui donava per sempre cento bighas di terreno senza affitto al brahmano. E fu così che in una sola notte il brahmano divenne un uomo ricco.
Accadde che i campi di cui il brahmano era diventato proprietario erano ormai coperti di grano maturo pronto per essere raccolto. Ma il brahmano non aveva i mezzi per raccogliere le spighe dorate. Non aveva un soldo in tasca per pagare il compenso dei falciatori. Cosa doveva fare il brahmano? Si recò dallo spirito amico del Brahmadaitya e disse:
«O Brahmadaitya, sono in terribili angustie. Grazie alla tua gentilezza ho ricevuto il terreno libero da affitto che ora è coperto di grano maturo. Ma non ho i mezzi per tagliare le spighe, sono un uomo povero. Cosa devo fare?»
Il gentile Brahmadaitya rispose:
«O brahmano, non angustiare la tua anima. Vedo che non solo le spighe devono essere tagliate, ma che bisogna anche trebbiare il grano e immagazzinarlo in granai e riunire la paglia in pagliai. Devi fare solo una cosa. Raccogli tra gli uomini del villaggio un centinaio di falci e portale tutte di notte ai piedi di questo albero. Prepara anche lo spazio in cui il grano e la paglia devono essere immagazzinati».
La felicità del brahmano non conobbe limiti. Raccolse con facilità un centinaio di falci, dato che tutti gli uomini del villaggio, sapendo quanto fosse diventato ricco, erano pronti a concedergli quanto desiderava. Al tramonto prese le cento falci e le portò sotto l’albero Bakula. Scelse anche uno spazio di suolo vicino alla sua casa per immagazzinare il raccolto e per i mucchi di paglia e lavò il terreno con una soluzione di letame e acqua. Dopo questi preparativi cadde addormentato.
Nel frattempo, poco dopo che era scesa la notte, quando tutti i paesani si erano ritirati nelle proprie case, il Brahmadaitya chiamò a sé gli spiriti dell’albero infestato, che erano un centinaio, e disse loro:
«Stanotte dovete fare un lavoro per il povero brahmano di cui sono diventato amico. I cento bighas di terra che ha ricevuto dallo zemindar sono tutti coperti di spighe di grano mature. Lui però non ha i mezzi per raccoglierle. Questa notte dovrete tutti lavorare per lui. Come vedete, qui ci sono cento falci: ciascuno di voi prenda in mano una falce e vada nel campo che gli mostrerò. Siete in cento. Ciascuno spirito tagli le spighe di un bigha, porti sulle spalle i covoni alla casa del brahmano, trebbi il grano, metta il grano in un grande granaio e ammucchi la paglia in pagliai. Coraggio, non perdete tempo. Dovrete fare tutto entro questa notte».
I cento spiriti dissero a una voce al Brahmadaitya:
«Siamo pronti a fare qualsiasi cosa vostra signoria ci ordini».
Il Brahmadaitya mostrò agli spiriti la casa del brahmano e lo spazio preparato per ricevere il grano e la paglia, poi li condusse ai campi del brahmano tutti ondeggianti di spighe d’oro.
Gli spiriti si precipitarono tutti insieme sui campi. Uno spirito mietitore è diverso da un mietitore umano. Ciò che un uomo miete in un giorno, uno spirito lo miete in un minuto. Taglia, taglia, taglia… le falci avanzavano roteando, e i lunghi steli delle spighe cadevano al suolo. Finito il raccolto, gli spiriti si caricarono i covoni sulle enormi spalle e li trasportarono fino alla casa del brahmano. Poi separarono il grano dalla paglia, immagazzinarono il grano in un enorme granaio e raccolsero la paglia in tanti pagliai. Mancavano ancora due ore all’alba quando gli spiriti terminarono il lavoro e si ritirarono nell’albero per riposare.
Non ci sono parole per esprimere la felicità del brahmano e della moglie, quando il mattino dopo aprirono la porta di casa, o la meraviglia dei paesani nel vedere l’enorme granaio e il gran numero di pagliai. I paesani non riuscivano a capire e furono d’accordo nell’attribuire quel prodigio agli dei.
Pochi giorni dopo il brahmano si recò all’albero Bakula e disse al Brahmadaitya:
«Devo domandarti ancora un favore, Brahmadaitya. Poiché gli dei sono stati tanto generosi con me, vorrei invitare a un banchetto mille brahmani, e ti sarei immensamente grato se mi fornirai quanto serve per la festa».
«Con il più grande piacere», disse il cortese Brahmadaitya. «Ti fornirò tutto il necessario per una festa per mille brahmani; indicami solo uno scantinato in cui dovranno essere riposte le provviste».
Il brahmano indicò un magazzino. Il giorno prima della festa il magazzino fu riempito di provviste. C’erano mille vasi di ghi (burro chiarificato), una montagna di farina, mille vasi di zucchero, mille vasi di latte, crema e latte cagliato e le altre mille cose necessarie per una grande festa brahmanica. Il mattino dopo mille pasticcieri brahmani erano al lavoro; i mille brahmani mangiarono a sazietà, ma l’ospite, il brahmano della nostra storia, non mangiò. Pensava che avrebbe mangiato insieme al Brahmadaitya. Ma il Brahmadaitya, che era presente ma non poteva essere visto, gli disse che i suoi favori non potevano arrivare fino a questo punto, dato che durante la sua amicizia con il brahmano il periodo che era stato concesso Brahmadaitya era terminato, e il carro pushpaka [4] gli era stato inviato dal cielo.
Il Brahmadaitya, infine liberato dall’esistenza come spirito, era stato ammesso in paradiso, e il brahmano e la moglie vissero felici per moltissimi anni ed ebbero figli e nipoti.
NOTE
1 Lo spirito di un brahmano morto senza sposarsi.
2 Un bigha equivale a circa 1350 m2.
3 Proprietario terriero che pagava l’imposta fondiaria al governo britannico
4 Il carro di Kuvera, dio indù delle ricchezze e dei tesori del mondo sotterraneo, rappresentato con ricchi ornamenti e con il corpo deforme.
Testo originale in:
Folk-Tales of Bengal, by the Rev. Lal Behary Day, Macmillan & Co., Limited, New York: The Macmillan Company, 1902
Ultimo aggiornamento: Agosto 2017