Leggende Orientali – LA LEPRE BIANCA E I COCCODRILLI
Leggenda dal Giappone
Tradotta da Dario55
LA LEPRE BIANCA E I COCCODRILLI
Molto tempo fa, quando tutti gli animali sapevano parlare, nella provincia di Inaba in Giappone viveva una piccola lepre bianca. Abitava sull’isola di Oki, ma vicinissima attraversando il mare c’era Inaba, la “terraferma”.
La lepre desiderava moltissimo attraversare quel tratto di mare e raggiungere Inaba. Un giorno dopo l’altro andava su quella spiaggia, si sedeva e guardava lontano, al di là delle acque, verso Inaba… un giorno dopo l’altro sperava di trovare un modo per attraversare il mare.
Un giorno, come al solito, la lepre se ne stava sulla spiaggia e guardava attraverso l’acqua verso la terraferma, quando vide un grosso coccodrillo nuotare vicino all’isola.
«Questa sì è una fortuna!» pensò la lepre. «adesso potrò esaudire il mio desiderio. Chiederò al coccodrillo di portarmi al di là del mare!»
Ma non sapeva se il coccodrillo avrebbe acconsentito a fare quello che desiderava. Anzi pensava che se gli avesse chiesto una cortesia, il coccodrillo avrebbe sospettato che lei tramasse un inganno.
Quindi chiamò a voce alta il coccodrillo e disse:
«Buongiorno, signor Coccodrillo, bella giornata vero?»
Il coccodrillo, che era uscito per godersi un po’ la luce del sole, stava cominciando ad apprezzare la propria tranquillità tutto da solo, quand’ecco che i saluti gentili della lepre interruppero il suo silenzio. Il coccodrillo si diresse a nuoto verso la spiaggia, molto soddisfatto perché qualcuno stava parlando con lui.
«Chi ha parlato? Oh, signora Lepre, come va? Deve sentirsi molto sola qui per conto suo!»
«O no, non sono completamente sola» disse la lepre. «Il fatto è che è una così bella giornata che sono uscita per godermela un po’. Ha voglia di fermarsi a giocare un pochino con me?»
Il coccodrillo uscì dal mare e si sedette sulla spiaggia, e i due giocarono insieme per un po’.
Poi la lepre disse:
«Signor Coccodrillo, lei vive nel mare e io vivo su questa isola, e non ci incontriamo molto spesso, per cui so molto poco di lei. Mi dica: il numero dei suoi compagni è più grande del numero delle mie compagne?»
«Naturalmente» rispose il coccodrillo «ci sono molti più coccodrilli che lepri. Non lo capisce da sola? Lei vive su questa piccola isola, io invece vivo nel mare, che si estende per tutte le parti del mondo, per cui, se chiamassi a raccolta tutti i coccodrilli che abitano nel mare, voi lepri non sareste niente in confronto a noi».
Il coccodrillo era molto presuntuoso, e la lepre, che voleva giocargli un tiro burlone, disse:
«Allora lei crede che sia possibile chiamare abbastanza coccodrilli per formare una fila attraverso il mare da questa isola fino a Inaba?»
Il coccodrillo ci pensò su un attimo, poi rispose:
«Certo che è possibile».
«Allora ci provi» disse la furba lepre «e io conterò quanti sono partendo da qui!»
Il coccodrillo, che era molto ingenuo e non nutriva il minimo sospetto che la lepre volesse imbrogliarlo, accettò di fare quello che gli chiedeva e disse:
«Aspetti un momento qui mentre io torno in mare e vado a radunare i miei compagni!»
Si immerse nel mare e stette via per un po’ di tempo. Nel frattempo la lepre aspettò con pazienza sulla spiaggia. Alla fine il coccodrillo ricomparve portando con sé un gran numero di altri coccodrilli.
«Guardi, signora Lepre» disse il coccodrillo. «Per i miei amici è uno scherzetto formare una fila da qui a Inaba. Ci sono abbastanza coccodrilli per estendersi da qui fino alla Cina o all’India. Ha mai visto tanti coccodrilli?»
Poi tutta la compagnia di coccodrilli si dispose nell’acqua in modo tale da formare un ponte fra l’isola di Oki e Inaba. Quando la lepre vide quel ponte di coccodrilli, disse:
«Che meraviglia! Non credevo che fosse possibile. Adesso lasciate che vi conti tutti! Ma per farlo ho bisogno del vostro permesso perché devo camminare sulle vostre schiene fino al lato opposto. Quindi siate tanto gentili da non muovervi, altrimenti cadrò in mare e annegherò!»
Ciò detto, la lepre saltò dall’isola sullo strano ponte di coccodrilli, contando ogni volta che saltava dalla schiena di un coccodrillo all’altra.
«State un po’ fermi per favore, altrimenti non riuscirò a contare. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove…»
E così l’astuta lepre camminò dritta dritta attraverso il mare fino a Inaba. Non contenta di aver esaudito il proprio desiderio, cominciò a prendere in giro i coccodrilli invece di ringraziarli e balzando giù dal dorso dell’ultimo coccodrillo, disse:
«Ve l’ho fatta, stupidi coccodrilli!»
E si diede alla fuga più in fretta che poteva.
Ma non gli riuscì di scappare così facilmente, perché non appena i coccodrilli capirono che razza di tiro aveva giocato loro la lepre per riuscire ad attraversare il mare e si resero conto che stava ridendo della loro dabbenaggine, divennero furibondi e non pensarono che a vendicarsi. Alcuni di loro inseguirono la lepre e la catturarono. Poi tutti quanti insieme la circondarono e le strapparono tutta la pelliccia. La lepre lanciava alte grida e li supplicava di risparmiarla, ma ad ogni ciuffo di pelo che le strappavano dicevano:
«Ti sta bene!»
Non appena i coccodrilli ebbero strappato l’ultimo ciuffetto di pelo, gettarono la povera lepre sulla spiaggia e nuotarono via ridendo per quello che avevano fatto.
La lepre era in uno stato pietoso: tutta la sua bella pelliccia bianca era stata strappata via e il suo piccolo corpo nudo tremava di dolore e sanguinava da tutte le parti. Era a malapena in grado di muoversi e tutto quello che poteva fare era giacere del tutto indifesa sulla spiaggia e piangere sulla disgrazia che le era piombata addosso. Nonostante tutta quella sventura e quel dolore fossero arrivati per colpa sua, chiunque vedeva quella povera creaturina non poteva non provare compassione per le sue tristi condizioni, poiché i coccodrilli erano stati molto crudeli nella loro vendetta.
Proprio in quel momento molti uomini, che sembravano figli di re, capitarono a passare da quelle parti e vedendo la lepre che giaceva piangente sulla spiaggia, si fermarono e chiesero che stava succedendo.
La lepre sollevò la testa dalle zampe e rispose loro dicendo:
«Ho combattuto contro dei coccodrilli, ma sono stata battuta, e quelli mi hanno strappato tutta la pelliccia e mi hanno abbandonato qui a soffrire. Ecco perché sto piangendo».
Ora, uno di quei tre giovani aveva un’indole malevola e dispettosa, ma simulò gentilezza e disse alla lepre:
«Sono tanto tanto dispiaciuto per te. Se vuoi provarlo, conosco un rimedio che curerà il tuo corpo dolorante. Vai a bagnarti in mare e poi torna a riva e siediti al vento. Questo farà ricrescere la tua pelliccia e tornerai proprio come prima».
Dopodiché i giovani passarono oltre. La lepre era molto contenta al pensiero di avere trovato una cura. Andò a bagnarsi in mare, quindi tornò a riva e si sedette in un punto in cui il vento poteva soffiare su di lei.
Ma non appena il vento soffiò e la asciugò, la sua pelle cominciò a tirare a indurirsi, e il sale aumentò il dolore al punto che cominciò a rotolarsi sulla sabbia agonizzando e lanciando alte grida.
Proprio in quel momento passò di lì un altro figlio di re con un grosso sacco sulle spalle. Vide la lepre, si fermò e le chiese perché gridava così forte.
Ma la povera lepre, ricordando che era stata ingannata da uno che somigliava moltissimo all’uomo che le stava parlando, non rispose e continuò a piangere.
Ma quest’uomo aveva un cuore gentile, guardò la lepre con molta compassione e disse:
«Povera creatura! Vedo che ti hanno strappato via la pelliccia e la tua pelle è quasi nuda. Chi ti ha trattato con tanta crudeltà?»
Quando la lepre udì queste parole dolci provò una immensa gratitudine per quell’uomo e, incoraggiata dai suoi modi gentili, gli raccontò tutto quello che le era capitato, senza nascondergli nulla, ma rivelandogli con sincerità il modo in cui si era presa gioco dei coccodrilli, come era riuscita a passare il mare sul “ponte” che avevano costruito credendo che lei volesse contare quanti erano, come li aveva scherniti per la loro ingenuità e infine il modo in cui i coccodrilli si erano vendicati su di lei. Poi raccontò di essere stata ingannata da un uomo che somigliava moltissimo al suo gentile amico e concluse il lungo racconto delle sue disgrazie supplicando l’uomo di darle un rimedio che potesse curarla e farle ricrescere la pelliccia.
Quando ebbe concluso la sua storia, l’uomo si sentì pieno di pietà verso di lei e disse:
«Sono tanto dispiaciuto per tutto quello che hai sofferto, ma ricordati che è stata soltanto la conseguenza del fatto che hai ingannato i coccodrilli».
«Lo so» disse tristemente la lepre «ma sono pentita e ho promesso a me stessa di non ingannare mai più nessuno, e ti supplico di indicarmi il modo per curare il mio corpo sofferente e per fare ricrescere la mia pelliccia».
«Allora ti indicherò un buon rimedio» disse l’uomo. «Prima di tutto vai a lavarti bene in quella pozza lassù e cerca di toglierti di dosso tutto il sale. Poi raccogli un po’ di quei fiori che crescono vicino al bordo dell’acqua, spargili a terra e rotolati su di essi. Così facendo il polline ti farà ricrescere la pelliccia e tra non molto starai abbastanza bene».
La lepre fu contentissima di quel gentile consiglio. Si trascinò fino alla pozza che le era stata indicata, si lavò bene, poi raccolse i fiori che crescevano vicino all’acqua e si rotolò su di essi.
Con suo sommo stupore, mentre ancora stava eseguendo questa operazione, vide che la sua bella pelliccia bianca stava ricrescendo, il dolore cessò e si sentì bene come si sentiva prima che le capitassero tutte quelle disgrazie.
La lepre non stava più in sé dalla contentezza per la sua rapida guarigione, saltellò allegramente verso il giovane che l’aveva aiutata e inginocchiandosi ai suoi piedi disse:
«Non so come ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me! Vorrei tanto poter ricambiare. Dimmi, ti prego, chi sei?»
«Non sono figlio del re, come tu credi che io sia. Sono un mago e mi chiamo Okuni-nushi-no-Mikoto» rispose l’uomo, «e quelli che sono passati di qui prima di me sono i miei fratelli. Hanno udito parlare di una bella principessa di nome Yakami che vive in questa provincia di Inaba e sono in cammino per incontrarla e chiederle di sposare uno di loro. Ma nel loro viaggio sono solo un accompagnatore, per cui devo camminare dietro di loro con questo grosso sacco sulle spalle».
La lepre si prostrò davanti al quel grande mago Okuni-nushi-no-Mikoto, che molti in quella parte del paese veneravano come un dio.
«Non ti avevo riconosciuto, Okuni-nushi-no-Mikoto. Come sei stato gentile con me! Non è possibile credere che quell’individuo malvagio che mi ha convinta a fare il bagno nel mare sia uno dei tuoi fratelli. Sono quasi sicuro che la principessa che i tuoi fratelli sono andati a cercare rifiuterà di sposare uno di loro e preferirà te per la bontà del tuo cuore. Ho quasi la certezza che conquisterai il suo cuore anche senza volerlo e che sarà lei a chiedere di essere tua moglie».
Okuni-nushi-no-Mikoto non fece caso a quello che diceva la lepre, ma le disse addio, riprese velocemente il cammino e ben presto raggiunse i fratelli.
Li trovò proprio mentre stavano oltrepassando il cancello della principessa.
Proprio come aveva detto la lepre, non ci fu verso di convincere la principessa a sposare uno dei fratelli, ma quando vide il viso del fratello buono, si diresse verso di lui e disse:
«Ti dono tutta me stessa», e così furono sposati.
Qui finisce la storia.
Okuni-nushi-no-Mikoto è venerato come un dio dalla gente di alcune parti del Giappone e la lepre è diventata celebre come “La lepre bianca di Inaba”. Ma cosa ne fu dei coccodrilli, nessuno lo sa.
FINE
Immagini tratte dai siti: http://durendal.org