leggende orientali – ANIZ IL PASTORE
Racconto popolare cinese dello Xinjang (Uygur)
Tradotta da Dario55
ANIZ IL PASTORE
Un tempo un proprietario terriero prese a servizio un pastorello di nome Aniz. Era un ragazzo molto benvoluto. Quello che alla gente piaceva di più era ascoltarlo mentre suonava il flauto. Il suo flauto aveva un aspetto molto semplice, non più lungo di una canna di bambù, ma nelle mani di Aniz diventava uno strumento prodigioso. Ogni volta che avevano tempo, le persone si sedevano tutto intorno ad Aniz e si dilettavano ad ascoltarlo suonare. Il proprietario terriero invece era letteralmente nauseato del ragazzo e del suo flauto. Non perdeva occasione per rimproverarlo e sgridarlo:
«Tu, piccolo miserabile! Credi forse che ti paghi per startene seduto qui a suonare il flauto?»
Ma, a dire la verità, il fatto che Aniz suonasse il flauto non interferiva minimamente con il suo lavoro.
Un giorno il proprietario terriero trovò un piccolo pretesto per dare ad Aniz una terribile bastonatura. Ma non era abbastanza: non fu contento fino a quando non gli ebbe strappato il flauto e non lo ebbe calpestato fino a ridurlo in briciole.
«Bene! Adesso voglio proprio vederti suonare il flauto!»
Il povero Aniz abbandonò la casa del padrone e, con il viso rigato di lacrime, si mise a girovagare per le strade.
La sorte volle che incontrasse un vecchio.
«Salve! Qual è il problema, ragazzo mio?», chiese il vecchio, accarezzando il capo di Aniz. «Dove sono i tuoi genitori? Perché te ne vai in giro tutto solo piangendo?»
«Buon vecchio! Sono un pastore. Mi chiamo Aniz. Il padrone mi ha bastonato, poi mi ha strappato il flauto e l’ha ridotto in mille pezzi…»
Aniz ricominciò a piangere.
«Non piangere, Aniz», disse il vecchio con gentilezza. «Vieni con me! Ti insegnerò un modo per vendicarti».
Portò Aniz a casa sua. Qui giunti, con una canna di bambù fece un nuovo flauto, molto migliore di quello vecchio. Gli insegno come suonarlo e, dopo le lezioni dell’uomo, Aniz fu in grado di suonare con molta più grazia di quanto avesse mai fatto. In quel momento nessun essere umano poteva godere di quel suono, ma molti animali uscirono dal bosco e sedettero attorno a lui, ascoltando in silenzio, senza provare il desiderio di andarsene. Con il passare del tempo, Aniz e gli animali diventarono intimi amici.
Un giorno il proprietario terriero chiamò i suoi figli e disse:
«La notte scorsa ho sognato un bel coniglio, bianco come la neve, con una macchia nera sulla sommità del capo. Ho provato molto piacere nel guardarlo. Andate nel bosco e fate tutto il possibile per catturarlo e portarmelo».
«Padre», obiettarono i figli, «non abbiamo mai udito parlare di un coniglio del genere. Dove possiamo andarlo a cercare per catturarlo?»
«Creature senza fede! Non avete sentito quello che vi ho appena detto?», gridò infuriato il padre. «Andate a cercarlo. Chi di voi lo troverà, alla mia morte erediterà tutti i miei averi».
Il figlio maggiore pensò tra sé: “Io sono il maggiore. Sono io che in ogni caso erediterò i beni di mio padre, che catturi il coniglio oppure no. Ma supponendo che loro…”
Si fece avanti e disse:
«Fratelli, lasciate andare me! Non temo alcun pericolo, solo io potrò far felice nostro padre!»
Si mise in cammino guardandosi intorno con attenzione, e dopo un po’ un vecchio venne verso di lui e chiese:
«Dove stai andando, ragazzo?»
Il giovane gli disse perché era venuto.
«Vai nel bosco allora», disse il vecchio, «e cerca il coniglio! Aniz è là che sta badando ai miei animali. Digli cosa desideri, e lui ti aiuterà».
Il figlio maggiore andò nel bosco, trovò Aniz e gli chiese aiuto.
«Ma naturalmente!» disse Aniz sorridendo. «Ti aiuterò a trovare questo strano coniglio. Torna stasera e lo avrai. Ma devi portare con te mille filze di monete per pagarlo».
Il figlio maggiore considerò tra sé tutto contento: “Confronto alle ricchezze che sto per ereditare, mille filze di monete non sono niente!”
Alla sera tornò nel bosco con il denaro e trovò Aniz che suonava il flauto seduto sul ceppo di un albero tagliato. Tutti i piccoli animali del bosco erano accovacciati in estasi intorno a lui con le orecchie dritte per ascoltare la musica. Subito il figlio maggiore vide il coniglio bianco tra di loro. Aveva davvero una minuscola macchia nera sulla sommità del capo.
Anche Aniz vide il coniglio. Posò il flauto, tese le mani, lo prese per le lunghe orecchie e lo porse al figlio maggiore.
«Eccotelo. Tienilo stretto! Se ti scappa, non è affar mio».
Il figlio maggiore pagò, si profuse in ringraziamenti e prese la strada di casa con il coniglietto bianco. Stava per uscire dal bosco, quando udì Aniz che suonava di nuovo il flauto. Non appena il coniglio udì la musica, si divincolò dalle mani del figlio maggiore e corse via più veloce che poteva. Il figlio maggiore lo cercò a lungo, ma non riuscì a trovarne traccia. Alla fine si arrese e tornò da Aniz.
«Il coniglio bianco è scappato via. Che posso fare?», chiese.
Aniz rispose:
«Non posso farci niente Non ti ho forse avvertito un momento fa di tenerlo stretto? Non puoi certo dare la colpa a me».
Al figlio maggiore non restò che tornare a casa a mani vuote e raccontare la storia al padre.
Il secondo figlio disse:
«Padre, non preoccuparti. Andrò io e domani lo catturerò».
Il giorno dopo il secondo figlio andò a tentare la fortuna, e gli toccò la stessa sorte del fratello maggiore: perse il suo tempo e altre mille filze di monete furono sprecate. Il terzo giorno ci provò il figlio minore, ma non gli andò meglio.
Il proprietario terriero s’infuriò moltissimo nel vedere che i tre figli avevano sprecato tremila filze di monete senza fargli vedere in cambio neanche un batuffolo di pelliccia.
«Razza di idioti!», gridò. «Indegna banda di imbecilli! Domani ci andrò io e me lo catturerò da solo!»
E così il giorno seguente il proprietario terriero andò nel bosco. Quando Aniz lo vide, i suoi occhi si accesero di odio. Prima che l’uomo potesse aprire bocca, Aniz prese il flauto e cominciò a suonare. Tutti gli animali della foresta – conigli, orsi, serpenti, lupi, volpi e innumerevoli specie di uccelli – accorsero e circondarono il proprietario terriero. Il terrore lo fece impallidire come un cadavere. Cadde in ginocchio disperato e supplicò Aniz:
«Salvami, padrone mio! Salvami!»
«Mio signore! Ti ricordi Aniz? Basterebbe una nota del mio flauto e questi animali ti mangerebbero vivo!»
«Ahimè… Ah! Mio signore! Non trattarmi come una volta ho trattato te!» Stava disteso ai piedi di Aniz e singhiozzava. «Ti prometto che ti darò tutto quello che vuoi. Non permettere che… Ho tanta paura…»
«Molto bene. Per questa volta risparmierò la tua miserabile vita. Ma non dovrai mai più angariare la povera gente! Se non cambierai vita, la prossima volta non te la farò passare liscia tanto facilmente. E appena arriverai a casa, dovrai donare la metà di tutti i tuoi beni ai contadini poveri. Sono stato chiaro?»
«Sì! Sì!»
Il proprietario terriero balzò in piedi e fuggì in preda al terrore. Seguì alla lettera le istruzioni di Aniz e distribuì la metà dei suoi averi ai poveri. Questo rese Aniz popolare e amato quanto un eroe.
NOTE
Testo e immagine in:
http://daryllorettecafe.typepad.com/video_log/2009/10/aniz-the-shepherd.html