Leggende Orientali – GLI SPIRITI DEL FIORE DI LOTO
Leggenda dal Giappone
Tradotta da Dario55
GLI SPIRITI DEL FIORE DI LOTO
Si dice che questo racconto risalga a circa duecento anni or sono. Riguarda un castello che si trovava nel territorio allora noto col nome di Kinai, ora compreso all’interno del distretto di Kyoto. Probabilmente fa riferimento a uno dei castelli dei dintorni, anche se personalmente ne conosco uno solo che ora è chiamato Castello di Nijo.
Circa duecento anni fa una serie di malattie si abbatté su Binai (Kyoto). Migliaia di persone morirono. L’epidemia si spinse fino a Inumi, dove viveva il signore di Koriyama, e colpirono anche lui. Dottori furono fatti venire da ogni parte, ma fu inutile. Il contagio si diffuse e, tra la costernazione di tutti, non solo il signore di Koriyama ne fu colpito, ma anche la moglie e i figli.
Nel paese regnava un folle terrore, non tanto perché la gente temesse per se stessa, quanto perché avevano paura di perdere il loro signore con la moglie e i figli. Il signore di Koriyama era molto benvoluto. La gente si affollava intorno al castello. Si accampava tutto attorno alle mura e nei fossati vuoti, che erano asciutti perché da un certo tempo non c’erano guerre.
Un giorno, durante la malattia di questa grande famiglia, Tada Samon, il funzionario di più alto grado nel castello (secondo solo a Koriyama), era seduto nella propria stanza e pensava a cosa fosse meglio fare per le numerose faccende che stavano aspettando la guarigione del daimio. Mentre era immerso in questi pensieri, un servitore annunciò che c’era un visitatore al cancello esterno che chiedeva un colloquio, affermando che pensava di essere in grado di curare il malato e la sua famiglia.
Tada Samon accettò di ricevere il visitatore, e il servitore andò subito a prenderlo.
L’aspetto del visitatore indicava che si trattava di uno yamabushi (eremita della montagna). Entrò nella stanza e fece un leggero inchino a Samon dicendo:
«Mio signore, questa malattia del nostro signore e padrone è una brutta faccenda, e la causa è uno spirito maligno penetrato nel castello perché non avete innalzato difese contro gli spiriti malvagi e impuri. Questo castello è il centro amministrativo di tutta la regione che lo circonda, ed è stato imprudente permettere che rimanesse senza difesa contro gli spiriti impuri e malvagi. Gli antichi saggi ci hanno sempre insegnato di piantare il fiore di loto non solo nell’unico fossato interno che circonda un castello, ma in tutti i fossati, non importa il loro numero, e di coltivarlo anche tutto intorno ai fossati. Come sai di sicuro, il loto, in quanto il fiore più emblematico della nostra religione, è anche il più puro e sacro e per questo allontana tutto ciò che di immondo lo circonda. Stai certo, mio signore, che se il tuo padrone non avesse trascurato i fossati a nord di questo castello, ma li avesse tenuti pieni d’acqua e vi avesse piantato il sacro loto, non sarebbe entrato uno spirito maligno come questo, inviato dal cielo per metterlo in guardia. Se mi sarà permesso di farlo, oggi stesso entrerò nel castello, pregherò che il malvagio spirito della malattia si allontani e chiederò il permesso di piantare il loto nei fossati a nord. Solo così il signore di Koriyama e la sua famiglia saranno salvi».
Samon rispose annuendo, perché ora ricordava che i fossati a nord non avevano né acqua né loto, e che in certa misura era colpa sua, che aveva voluto economizzare nella gestione della proprietà. Ebbe un colloquio col padrone, che era più malato che mai. Questi convocò tutti i funzionari di corte. Si decise di permettere allo yamabushi di tentare e gli fu detto di mettere in pratica le sue idee nel modo che riteneva migliore. Fu messo a disposizione molto denaro, e centinaia di persone si offrirono di aiutarlo: qualunque cosa pur di salvare il padrone.
Lo yamabushi lavò e purificò il suo corpo e pregò affinché lo spirito maligno della malattia abbandonasse il castello. Fatto ciò, sovrintese alla ripulitura e riparazione dei fossati a nord, dando istruzioni agli uomini per riempirli con acqua e piante di loto. Poi scomparve misteriosamente, quasi davanti agli occhi dei presenti. Pieni di meraviglia, ma con più energia che mai, gli uomini lavorarono per eseguire le sue istruzioni. In meno di ventiquattro ore i fossati furono puliti, riparati e riempiti, e il loto fu piantato.
Come c’era da aspettarsi, Koriyama, la moglie e il figlio migliorarono rapidamente. Entro una settimana furono tutti in grado di alzarsi e dopo due settimane stavano meglio di quanto non fossero mai stati.
Si celebrarono riti di ringraziamento e ci fu grande contentezza in tutto il paese. Poi la gente si affollò per vedere i fossati magnificamente adornati dal loto, e i paesani decisero di propria iniziativa di cambiare nome al castello, chiamandolo Castello del Loto.
Passarono alcuni anni, poi accadde qualcosa di strano. Koriyama era morto per cause naturali, e gli era succeduto il figlio, che aveva trascurato le piante di loto. Un giovane samurai si trovò a passare accanto a uno dei fossati. Era la fine di agosto, quando i fiori del loto sono alti e forti. all’improvviso il samurai vide due bei bambini di circa sei o sette anni che giocavano sul bordo del fossato.
«Ragazzi», disse, «è pericoloso giocare così vicino al bordo di quel fossato. Venite vicino a me».
Stava per prenderli per mano e condurli a distanza di sicurezza, quando fecero un piccolo salto sorridendogli e caddero nell’acqua, dove scomparvero con un grande spruzzo che li ricoprì.
Il samurai restò profondamente stupito, non sapeva cosa pensare, perché i due non ricomparivano. Si disse che di sicuro dovevano essere due kappa (animali mitici) e convinto di ciò corse al castello e riferì l’accaduto. Gli alti funzionari tennero consiglio e disposero che i fossati fossero dragati e puliti; ritenevano che questo avrebbe dovuto essere fatto dal giovane signore quando era succeduto al padre.
Così i fossati furono dragati da un’estremità all’altra, ma non si trovò traccia di kappa. Si arrivò alla conclusione che il samurai si fosse abbandonato a fantasticherie, e tutti lo presero in giro per questo.
Qualche settimana dopo, una sera, un altro samurai, Murata Ippai, stava tornando da una visita alla sua innamorata passando lungo il fossato esterno. I fiori di loto erano nel pieno della fioritura, e Ippai passeggiava lentamente ammirandoli e pensando all’amata, quando all’improvviso notò una dozzina di graziosi ragazzi che giocavano vicino al bordo dell’acqua. Erano nudi e si stavano schizzando con l’acqua a vicenda.
“Ah!”, pensò tra sé il samurai, “questi sono certamente i kappa di cui abbiamo sentito parlare. Hanno preso l’aspetto di esseri umani credendo di ingannarmi! Un samurai non si fa impaurire da creature del genere, e si accorgeranno che è ben difficile scampare alla lama affilata della mia spada!”
Ippai si liberò di ciò che lo impacciava e, sguainando la spada, avanzò furtivamente per avvicinarsi ai presunti kappa. Si avvicinò fino ad arrivare a una ventina di metri, poi si tenne nascosto dietro un cespuglio e rimase a osservare per un minuto.
I bambini continuavano a giocare. Sembravano bambini del tutto normali, tranne per il fatto che erano straordinariamente belli e diffondevano un profumo particolare, molto intenso ma dolce, che ricordava quello del loto. Ippai era perplesso e aveva una mezza intenzione di riporre la spada del fodero nel vedere quanto innocente e senza sospetti era l’aspetto dei bambini, ma pensò che non sarebbe stato conforme alla determinazione di un samurai, se avesse cambiato parere. Stringendo dunque la spada con rinnovato vigore, si lanciò fuori dal suo nascondiglio e menò fendenti a destra e a sinistra nel gruppo dei presunti kappa.
Ippai era persuaso di aver fatto una strage, perché aveva sentito la spada colpire più volte e udito i tonfi sordi di oggetti che cadevano, ma quando guardò per vedere cosa aveva realmente ucciso, si sollevò un vapore multicolore che quasi lo accecò con la sua brillantezza. Scendeva in una nube acquosa tutto intorno a lui.
Ippai decise di attendere fino al mattino, perché non poteva, come samurai, lasciare incompiuta quell’impresa, né tantomeno voleva raccontarla agli amici senza prima aver visto chiaramente come stavano le cose.
L’attesa era lunga e noiosa, ma Ippai ne fu all’altezza e non chiuse mai gli occhi per tutta la notte.
Quando spuntò il giorno, non trovò altro che steli di loto che spuntavano dall’acqua vicino a lui.
“Ma la mia spada ha colpito ben di più che steli di loto”, pensò, “Se non ho ucciso i kappa che ho visto in forma umana, quelli dovevano essere gli spiriti del loto. Che terribile colpa ho mai commesso? Sono stati gli spiriti del loto che hanno salvato dalla morte il nostro signore Koriyama e la sua famiglia! Ahimè, che ho mai fatto! Io, un samurai, il cui sangue appartiene al suo padrone fino all’ultima goccia, ho estratto la spada proprio contro i più fedeli amici del mio padrone! È necessario che io plachi gli spiriti uccidendomi”.
Ippai recitò una preghiera, poi, sedendo su un masso a lato dei fiori di loto caduti, fece harakiri.
Il loto continuò a fiorire, ma dopo questi fatti non furono mai più visti spiriti del loto.
FINE
Testo originale e immagine in :http://www.sacred-texts.com/shi/atfj/atfj44.htm