Leggende Orientali – IL TAGLIALEGNA VISU E IL VECCHIO SACERDOTE
Leggenda dal Giappone
Tradotta da Dario55
IL TAGLIALEGNA VISU E IL VECCHIO SACERDOTE
Molti anni or sono, nella pianura di Suruga, che a quel tempo era arida, viveva un taglialegna di nome Visu. Era di statura gigantesca e abitava in una capanna con la moglie e i figli.
Un giorno Visu ricevette la visita di un vecchio sacerdote che gli disse:
«Onorevole taglialegna, il mio timore è che tu non preghi mai».
Al che Visu rispose:
«Se tu avessi una moglie e una famiglia numerosa da mantenere, non avresti mai tempo per pregare».
Questa osservazione fece arrabbiare il sacerdote, che descrisse al taglialegna con toni vivaci l’orrore di reincarnarsi come rospo o topo o insetto per milioni di anni.
Questa sinistra descrizione non piacque per nulla a Visu che quindi promise al sacerdote che in futuro avrebbe pregato.
«Lavoro e preghiera», disse il sacerdote mentre se ne andava.
Sfortunatamente da quel momento Visu non fece altro che pregare. Pregava tutto il giorno e rifiutava di fare qualsiasi lavoro, tanto che il raccolto di riso seccò e la sua famiglia soffrì la fame. La moglie, che fino a quel momento non aveva mai detto al marito una parola dura o amara, diventò furiosa e, indicando col dito i figli pietosamente magri, esclamò:
«Alzati, Visu, prendi l’ascia e fai qualcosa di più per aiutarci, invece di limitarti a borbottare preghiere!»
Tanta fu la meraviglia di Visu per le parole della moglie, che passò un certo tempo prima che riuscisse a pensare a una risposta adatta. Quando lo fece, le sue parole arrivarono dure e pungenti alle orecchie della povera e maltrattata moglie.
«Donna», disse, «gli dei vengono per primi. Sei una creatura impertinente se mi parli così, e non voglio avere più niente a che fare con te!»
Con queste parole Visu raccolse l’ascia e, senza degnarsi di dire addio, uscì dalla capanna, uscì dal bosco e si arrampicò sul Fujiyama, dove la nebbia lo nascose alla vista.
Non appena Visu si fu seduto sulla montagna, udì un leggero suono frusciante e, subito dopo, vide una volpe balzare dentro un folto boschetto. Visu fu molto contento di vedere una volpe e, dimenticate le preghiere, balzò in piedi e corse in tutte le direzioni nella speranza di ritrovare quella piccola creatura dal naso appuntito.
Stava per abbandonare l’inseguimento, quand’ecco che, arrivando in una radura nel bosco, vide due donne che giocavano sedute vicino a un ruscello. Il taglialegna restò così affascinato, che non poté far altro che sedersi anche lui e osservarle. Non si udiva alcun suono all’infuori del ticchettio dei pezzi sulla scacchiera e del mormorio del ruscello. Le donne non si accorsero di Visu, poiché sembrava che stessero giocando uno strano gioco che non aveva fine, un gioco che rapiva completamente la loro attenzione. Visu non riusciva a staccare gli occhi da quell’immagine che aveva qualcosa di magico. Osservava i lunghi capelli neri e le veloci mani affusolate che guizzavano in continuazione dalle grandi maniche di seta per muovere i pezzi.
Dopo essere rimasto seduto lì per trecento anni credendo che fosse trascorso soltanto un pomeriggio d’estate, vide che una delle giocatrici aveva fatto una mossa sbagliata.
«Sbagliato, onorevole signora!», esclamò emozionato.
Di colpo le donne si tramutarono in volpi e corsero via.
Quando Visu tentò d’inseguirle, si accorse con sgomento di avere le estremità terribilmente rigide, i capelli molto lunghi e la barba che toccava terra. Poi scoprì che il manico della sua ascia, pur essendo fatto con il legno più duro, si era sbriciolato fino a diventare un mucchietto di polvere.
Dopo molti sforzi dolorosi Visu riuscì a rizzarsi in piedi e si diresse molto lentamente verso casa. Quando arrivò sul posto, fu sorpreso di non vedere alcuna casa e, scorgendo una donna molto vecchia, disse:
«Buona donna, sono sorpreso nel vedere che la mia piccola casa è scomparsa. Mi sono allontanato questo pomeriggio, e stasera è svanita».
La vecchia, credendolo pazzo, gli chiese come si chiamava. Quando glielo disse, esclamò:
«Bah! Tu devi essere matto! Visu è vissuto trecento anni fa! Un giorno se n’è andato e non ha mai più fatto ritorno».
«Trecento anni», mormorò Visu. «È impossibile. Dove sono la mia cara moglie e i miei figli?»
«Morti e sepolti!», sibilò la vecchia. «E se ciò che dici è vero, anche i figli dei tuoi figli. Gli dei hanno prolungato la tua miserabile vita per punirti di aver trascurato tua moglie e i tuoi figli!».
Un fiume di lacrime rigò le guance di Visu, che disse con voce roca:
«Ho perduto la mia dignità di uomo. Ho passato il tempo a pregare mentre i miei cari soffrivano la fame e avevano bisogno dell’opera delle mie mani un tempo forti. Ricorda, vecchia, ricorda le mie ultime parole: “Anche se preghi, lavora”».
Non sappiamo quanto tempo visse ancora l’infelice e pentito Visu dopo aver fatto ritorno dalla sua strana avventura, ma si dice che il suo pallido spirito vaghi ancora sul Fujiyama quando brillano i raggi della luna.
FINE