Leggende Orientali – LA RAGAZZA CON L’ELMO DI LEGNO
Leggenda dal Giappone
Tradotta da Dario55
Nota: un alcune versioni di questa leggenda, la protagonista non ha in testo un elmo, ma una grossa ciotola di legno.
LA RAGAZZA CON L’ELMO DI LEGNO
Tantissimo tempo fa, in un piccolo villaggio del Giappone, vivevano un uomo e la moglie. Per molti anni erano stati ricchi e felici, ma vennero dei brutti tempi, finché a un certo momento non rimase loro che la figlia, una fanciulla bella come l’aurora.
I vicini erano molto gentili e generosi e avrebbero fatto tutto quello che potevano per aiutare i loro poveri amici, ma l’anziana coppia ritenne che, dal momento che tutto era cambiato, sarebbe stato meglio per loro trasferirsi altrove, e così un giorno si misero in cammino per raggiungere un luogo isolato all’interno del paese e nascondersi lì, portando con sé la loro figlia.
La madre e la figlia avevano il loro da fare tutto il giorno per tenere la casa pulita e occuparsi del giardino, ma l’uomo sedeva per ore guardando fisso davanti a sé e pensando alla ricchezza che aveva in passato. Ogni giorno diventava sempre più infelice, finché a un certo punto si stese sul letto e non si alzò più.
La moglie e la figlia piansero amaramente la perdita, e passarono molti mesi prima di poter provare piacere per qualsiasi cosa. Poi una mattina la madre guardò all’improvviso la figlia e si accorse che era diventata ancora più bella di prima. Un tempo il suo cuore si sarebbe rallegrato a quella vista, ma ora che erano sole al mondo temeva che questo avrebbe potuto recar loro qualche danno. E così, da quella brava madre che era, si sforzò d’insegnare alla figlia tutto ciò che sapeva e di tenerla sempre occupata in modo che non avesse mai tempo di pensare a se stessa. La ragazza era una brava ragazza e seguiva tutti gli insegnamenti di sua madre. E così passarono gli anni.
Alla fine, durante una primavera piovosa, la madre prese un raffreddore. All’inizio non ci fece molto caso, ma poi si ammalò sempre più e si rese conto che non le restava molto da vivere. Allora chiamò la figlia e le disse che ben presto sarebbe rimasta sola al mondo, che doveva pensare da sola ad aver cura di se stessa, perché non ci sarebbe stato nessuno a prendersi cura di lei.
E dato che per una donna bella è più difficile che per le altre passare inosservata, le ordinò di andare a prendere un elmo di legno che si trovava nella stanza accanto, poi le disse di metterlo in testa e di spingerlo leggermente in giù sulla fronte, in modo che quasi tutto il viso restasse in ombra. La ragazza fece quanto le era ordinato, e la sua bellezza, sotto quel copricapo di legno, che le nascondeva anche i capelli, rimase talmente nascosta che avrebbe potuto passare in mezzo a una folla senza che nessuno la degnasse di un secondo sguardo. Quando la madre vide tutto questo, il suo cuore fu tranquillo. Si adagiò sul letto e spirò.
La ragazza pianse per giorni e giorni, ma un po’ alla volta si rese conto che, essendo sola al mondo, doveva andare a lavorare, perché ormai dipendeva solo da sé stessa. Non c’era niente che potesse fare rimanendo dove si trovava, per cui fece un fagotto dei suoi abiti e andò al di là delle colline, finché giunse alla casa dell’uomo che era il padrone delle campagne di quella regione.
Prese servizio presso di lui e lavorava dalla mattina alla sera. Ogni sera, quando andava a letto, si sentiva tranquilla, perché non aveva dimenticato nulla di quanto aveva promesso alla madre: per quanto il sole scaldasse, teneva sempre in testa l’elmo, tanto che la gente le diede il soprannome di Hatschihime.
Purtroppo, malgrado stesse sempre molto attenta, la fama della sua bellezza si diffuse in giro: molti di quei giovani sfacciati che si trovano sempre in ogni parte del mondo si avvicinavano furtivamente a lei mentre era al lavoro e cercavano di sollevarle l’elmo di legno. Ma la ragazza non voleva parlare con loro e si limitava a esortarli ad andarsene. Anche se cominciavano a parlarle, lei non rispondeva e andava avanti con quello che stava facendo. È vero che la sua paga era bassa e il cibo scarso, ma ne aveva abbastanza per vivere, e questo le bastava.
Un giorno il suo padrone attraversò per caso il campo in cui lei stava lavorando e, colpito dalla sua operosità, si fermò a guardarla. Poi le fece qualche domanda, dopodiché la portò a casa e le disse che da quel momento in poi il suo unico compito sarebbe stato quello di assistere la moglie malata. La ragazza si sentì sollevata pensando che tutti i suoi guai fossero finiti, ma si sbagliava.
Non era passato molto tempo da quando Hatschihime era diventata cameriera della donna malata, che il figlio maggiore della famiglia tornò da Kyoto dopo aver finito gli studi. Era stanco degli splendori e dei piaceri della città ed era abbastanza contento di essere tornato nel verde della sua terra, tra i fiori di pesco e di ciliegio.
Mentre passeggiava di prima mattina, vide quella ragazza con lo strano elmo di legno in testa e subito andò dalla madre a chiederle chi era, da dov’era venuta e perché si copriva il viso con quel curioso oggetto. La madre rispose che era un suo capriccio e che nessuno poteva convincerla a toglierselo. A queste parole il giovane rise, ma non rivelò i propri pensieri.
Un giorno si stava dirigendo verso casa quando vide la cameriera della madre che si rinfrescava il viso inginocchiata presso un piccolo corso d’acqua che scorreva attraverso il giardino. L’elmo era spinto da un lato, e il giovane si nascose dietro un albero per guardarla. Non appena vide la straordinaria bellezza della ragazza, decise che nessun’altra all’infuori di lei sarebbe stata sua moglie.
Ma quando comunicò alla famiglia la sua decisione di sposarla, si arrabbiarono moltissimo e inventarono ogni genere di storie cattive su di lei. Ma avrebbero potuto risparmiarsi il disturbo, se avessero saputo che lui aveva un solo pensiero nascosto nella mente: “Basta che io non ceda” pensava, “e prima o poi cederanno loro”.
Per la ragazza era un’occasione talmente buona, che nessuno si sarebbe mai immaginato che avrebbe detto di no, eppure fu proprio così. Non sarebbe stato giusto, pensava, portare la discordia in quella casa, e anche se in segreto piangeva amare lacrime, nessuno le avrebbe fatto cambiare idea.
Infine, una notte, la madre le apparve in sogno e la esortò a sposare il giovane. E così, quando il giorno dopo lui glielo chiese di nuovo, con sua grande sorpresa e felicità, lei acconsentì. Ai genitori non restò che far buon viso a cattivo gioco e si misero al lavoro per preparare tutto in modo adeguato all’occasione. Naturalmente i vicini come al solito dissero che sotto quell’elmo si nascondevano cose mostruose, ma lo sposo era troppo felice per farci caso e si limitava a ridere di loro.
Quando tutti erano pronti per la festa e la sposa era abbigliata con il più bel vestito ricamato che si potesse trovare in Giappone, le damigelle le sollevarono l’elmo dalla testa per acconciarle i capelli all’ultima moda.
Ma l’elmo non veniva via, e quanto più tiravano, tanto più sembrava resistere, finché la povera ragazza gridò di dolore. Udendo i suoi lamenti, lo sposo accorse e cercò di calmarla affermando che l’avrebbe sposata con l’elmo, se non poteva sposarla senza.
Cominciò quindi la cerimonia e la coppia di sposi sedette insieme, mentre veniva recata loro la coppa di vino da cui avrebbero dovuto bere. Non appena ebbero bevuto tutto e la coppa fu vuota, accadde una cosa prodigiosa: l’elmo esplose all’improvviso con un grande schianto e cadde al suolo in mille pezzi, e quando i due si voltarono per guardare, videro il pavimento ricoperto di pietre preziose cadute dall’elmo. Ma non era lo splendore dei diamanti che sbalordiva gli ospiti, ma la bellezza della sposa, che superava qualsiasi cosa avessero mai visto o udito.
La notte trascorse fra canti e danze, poi la sposa e lo sposo tornarono alla loro casa, dove vissero fino alla morte ed ebbero tanti bambini, che divennero famosi in tutto il Giappone per la loro bontà e bellezza.
FINE
Immagine tratta da: http://www.worldwideschool.org