Leggende Orientali – IL SEGRETO DI UNA MORTA
Leggenda dal Giappone
Tradotta da Dario55
IL SEGRETO DI UNA MORTA
Tanto tempo fa, nella provincia di Tamba, viveva un ricco mercante di nome Inamuraya Gensuke. Aveva una figlia che si chiamava O-Sono.
Poiché era molto intelligente e graziosa, il padre era molto dispiaciuto che crescesse soltanto con gli insegnamenti che le potevano impartire i maestri locali. Per questo la affidò ad alcuni fidati servitori e la mandò a Kyoto, perché ricevesse una educazione completa come le ragazze della capitale.
Dopo avere ricevuto gli insegnamenti del caso, sposò il figlio di un amico di famiglia – un mercante di nome Nagaraya – e visse tranquilla e felice con lui per quasi quattro anni. Ebbero anche un figlio, ma un brutto giorno O-Sono si ammalò e morì proprio nel quarto anniversario di matrimonio.
La sera successiva al funerale di O-Sono, il bambino disse che la mamma era ritornata e l’aveva vista nella stanza al piano di sopra. Aggiunse che gli aveva sorriso, ma non voleva parlargli, per cui si era spaventato, e lei se n’era andata.
Allora alcuni della famiglia salirono nella stanza per vedere cosa era successo a O-Sono.
Alla luce di una piccola lanterna videro davanti a una lampada accesa dinanzi a un altare che si trovava in quella stanza l’immagine della madre morta.
Sembrava che stesse in piedi davanti a un tansu, cioè un cassettone che conteneva ancora i suoi ornamenti e oggetti di abbigliamento. La testa e le spalle si potevano vedere molto bene, ma dalla cintola in giù l’immagine tendeva a diventare invisibile, come un riflesso imperfetto, come un’ombra sull’acqua.
I presenti si spaventarono e uscirono dalla stanza. Al piano di sotto si consultarono, e la madre del marito di O-Sono disse:
«Una donna ama molto i suoi piccoli oggetti, e O-Sono era molto affezionata alle proprie cose. Forse è tornata per rivederle. Molte persone morte desiderano farlo, a meno che le loro cose non siano state donate al tempio. Se presentiamo al tempio gli abiti e le cinture di O-Sono, è probabile che la sua anima troverà la pace».
Furono d’accordo che questo andava fatto il più presto possibile. E così il mattino seguente svuotarono i cassetti, e tutti gli ornamenti e gli abiti di O-Sono furono recati al tempio.
Ma lei fece ritorno anche la notte successiva e osservò il tansu proprio come prima. E così la notte dopo e quella dopo ancora e tutte le altre notti, e la casa diventò una casa del terrore.
La madre del marito di O-Sono si recò allora al tempio e raccontò al capo dei sacerdoti tutto ciò che era successo, chiedendogli un consiglio spirituale. Il tempio era un tempio zen, e il capo dei sacerdoti era un vecchio saggio di nome Daigen Osho. Disse alla donna:
«Dev’esserci qualcosa che desidera ardentemente dentro o vicino a quel tansu».
«Ma abbiamo svuotato tutti i cassetti», replicò la donna; «non c’è più niente nel tansu».
«Ebbene», disse Daigen Osho, «questa sera verrò a casa vostra e starò di guardia in quella stanza per vedere cosa posso fare. Devi dare ordine che nessuno entri nella stanza mentre sono di guardia, a meno che non chiami».
Dopo il tramonto, Daigen Osho si recò alla casa e trovò la stanza preparata per lui. Vi rimase da solo recitando i sutra, ma nulla apparve fino a quando fu passata l’ora del topo [le 23.00]. Quand’ecco che l’immagine di O-Sono si delineò all’improvviso davanti al tansu. Sul suo viso aleggiava uno sguardo inquieto, e teneva gli occhi fissi sul tansu.
Il sacerdote recitò la formula sacra prescritta per tali circostanze, poi, rivolgendosi alla figura con il kaimyo [nome postumo] di O-Sono, disse:
«Sono venuto qui per aiutarti. Forse in quel tansu c’è qualcosa per la quale hai motivo di sentirti inquieta. Posso tentare di trovarlo per te?»
L’ombra diede segno di acconsentire con un lieve movimento del capo. Allora il sacerdote, alzatosi in piedi, aprì il cassetto in alto. Era vuoto. Poi aprì il secondo, il terzo e il quarto cassetto, cercando con cura dietro e sotto di essi, ed esaminando infine attentamente la parte interna della cassapanca. Non trovò nulla, ma l’apparizione teneva lo sguardo fisso con la stessa ansia di prima.
“Chissà cosa può volere?” pensò il sacerdote.
All’improvviso gli venne in mente che poteva esserci qualcosa nascosto sotto la carta con cui erano foderati i cassetti. Tolse la carta del primo cassetto: nulla. Tolse la carta del secondo e del terzo cassetto: ancora nulla.
Ma sotto la carta del cassetto più in basso trovò una lettera.
«È questo ciò che ti preoccupava tanto?» domandò.
L’ombra della donna si voltò verso di lui con lo sguardo esangue fisso sulla lettera.
«Vuoi che la bruci per te?» chiese.
Lei si inchinò verso di lui.
«Ebbene, sarà bruciata nel tempio domattina presto,» promise, «e nessuno la leggerà tranne me».
L’apparizione sorrise e svanì.
Stava spuntando l’alba quando il sacerdote scese le scale e trovò la famiglia che aspettava ansiosamente dabbasso.
«Non preoccupatevi», disse loro: «non ricomparirà».
E così fu.
La lettera fu bruciata.
Era una lettera d’amore scritta a O-Sono quando studiava a Kyoto. Ma solo il sacerdote venne a sapere cosa conteneva, e il segreto morì con lui.
FINE