Leggende Orientali – IL “FORTUNATO CACCIATORE” e L’ “ABILISSIMO PESCATORE”
Leggenda dal Giappone
Tradotta da Dario55
IL “FORTUNATO CACCIATORE” e L’ “ABILISSIMO PESCATORE”
Tantissimo tempo fa il Giappone era governato da Hohodemi, il quarto Mikoto (ossia Maestà Imperiale) nella discendenza dalla gloriosa Amaterasu, la Dea del Sole. Questo imperatore non solo era generoso quanto la sua antenata era bella, ma era anche molto forte e coraggioso e nel suo paese godeva la fama di grandissimo cacciatore. Per la sua ineguagliabilissimo abilità di cacciatore era chiamato “Yama-sachi-hiko” ossia “Il Fortunato Cacciatore delle Montagne”.
Il suo fratello maggiore era un pescatore espertissimo, che superava di gran lunga tutti i suoi rivali, tanto da essere chiamato “Unii-sachi-hiko” ossia “L’Abilissimo Pescatore del Mare”.
La vita dei due fratelli scorreva felice, godevano entrambi delle rispettive occupazioni, e i giorni si susseguivano rapidi e piacevoli per uno nella caccia e per l’altro nella pesca.
Un giorno il Fortunato Cacciatore si recò dal fratello, l’Abilissimo Pescatore, e disse:
«Fratello mio, vedo che vai in mare ogni giorno con la tua canna da pesca in mano e ritorni carico di pesci. Per quel che riguarda me, è un grandissimo piacere prendere arco e frecce e andare a caccia di animali selvatici su per le montagne e giù per le valli. Per tanto tempo ci siamo dedicati ciascuno alle nostre occupazioni preferite, tanto che ci sono venute a noia, a te la pesca e a me la caccia. Non pensi che sarebbe saggio cercare di cambiare un po’? Che ne pensi di andare a caccia sulle montagne mentre io vado a pesca nel mare?»
L’Abilissimo Pescatore ascoltò in silenzio il fratello e rimase per un attimo pensieroso. Poi rispose:
«Ma sì, perché no? Non è affatto una cattiva idea la tua. Dammi il tuo arco e le tue frecce e partirò per le montagne e andrò a caccia, così, per gioco».
L’accordo era raggiunto, e i due fratelli partirono ciascuno per provare a dedicarsi all’occupazione dell’altro, sognando che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Non avevano preso una decisione saggia, poiché il Fortunato Cacciatore non sapeva assolutamente niente di pesca, e l’Abilissimo Pescatore – che era ben poco addestrato – ne sapeva ancora meno di caccia.
Il Fortunato Cacciatore prese il prezioso amo da pesca del fratello, scese fino alla spiaggia e si sedette sugli scogli. Mise l’esca all’amo e lo immerse nel mare in modo maldestro. Se ne stava seduto osservando il piccolo galleggiante che si muoveva su e giù nell’acqua, sperando che un bel pesce avrebbe abboccato. Tutte le volte che la piccola boa si muoveva, sollevava la canna, ma non c’era mai un pesce all’estremità della lenza, solo l’amo e l’esca. Se avesse imparato a pescare come si deve, sarebbe stato in grado di pescare un sacco di pesci, ma per quanto fosse un grande cacciatore sulla terra, ciò non impediva che fosse un pessimo pescatore in mare.
Trascorse così tutta la giornata, sedendo sugli scogli con la canna da pesca in mano e nell’inutile attesa di un colpo fortunato. A un certo momento cominciò a farsi buio e scese la sera. Non aveva ancora preso neanche un pesce. Tirò fuori la lenza dall’acqua un’ultima volta per tornarsene a casa. Proprio in quel momento si accorse che quando aveva immerso l’amo lo aveva perduto senza rendersene conto.
Cominciò a sentirsi molto preoccupato, perché sapeva che suo fratello si sarebbe arrabbiato non appena avesse saputo che aveva perso l’amo, dato che era la cosa al mondo che amava più di tutte le altre.
Allora il Fortunato Cacciatore cominciò a cercare l’amo perduto tra gli scogli e sulla sabbia e mentre era impegnato in questa ricerca, suo fratello, l’Abilissimo Pescatore comparve improvvisamente.
Quel giorno, durante la caccia, non aveva preso assolutamente niente e non era solo arrabbiato, era letteralmente furibondo.
Quando vide che il Fortunato Cacciatore stava cercando sulla spiaggia, si rese conto che qualcosa era andato storto e chiese:
«Che stai facendo, fratello mio?»
Il Fortunato Cacciatore venne avanti con un certo timore, perché aveva paura della collera del fratello, e disse:
«Ahimè, fratello mio, ho fatto una brutta cosa…».
«Che dici? Cosa hai fatto di brutto?» chiese con impazienza il fratello maggiore.
«Ho perso il tuo prezioso amo da pesca…»
Non aveva ancora finito di parlare che il fratello lo interruppe, ed esclamò al colmo dell’ira:
«Hai perso il mio amo? Dovevo aspettarmelo! Ecco perché quando sei venuto a propormi di scambiarci le nostre occupazioni non ero assolutamente d’accordo, ma sembrava che ci tenessi tanto che ho detto di sì, e ti ho permesso di fare quello che volevi. Ed ecco la prova che ho commesso un grave errore a permetterti di fare qualcosa di cui non sei capace! L’hai fatta male, hai sbagliato! Non ti restituirò arco e frecce finché non avrai ritrovato il mio amo. Cercalo, e vedi di restituirmelo al più presto».
Il Fortunato Cacciatore si sentì veramente in colpa per quello che era accaduto e accettò lo sprezzante rimprovero del fratello con umiltà e pazienza. Cercò con la massima cura e attenzione l’amo perduto, ma non riuscì a trovarlo. Infine perse tutte le speranze di poterlo mai ritrovare. Tornò dunque a casa, fece a pezzi la sua preziosa spada e ne ricavò cinquecento ami.
Li portò al suo furibondo fratello e glieli offerse chiedendogli perdono e pregandolo di accettarli in cambio di quell’amo che aveva perduto. Tutto inutile: il fratello non volle neppure ascoltarlo, e tanto meno accogliere la sua preghiera.
Allora il Fortunato Cacciatore fabbricò altri cinquecento ami e li portò di nuovo al fratello, supplicandolo di perdonarlo.
«Anche se tu facessi un milione di ami» disse l’Abilissimo Pescatore scuotendo la testa «sarebbe inutile. Non avrai il mio perdono finché non mi riporterai il mio amo»
Niente avrebbe potuto placare l’ira dell’Abilissimo Pescatore, perché era mal disposto e aveva sempre detestato il fratello per le sue virtù. L’amo perduto era semplicemente la scusa che aspettava per progettare di ucciderlo e di usurpare il suo posto sul trono imperiale del Giappone.
Il Fortunato Cacciatore sapeva benissimo tutto ciò, ma non poteva dire niente perché, dal momento che era il più giovane, doveva obbedienza al fratello maggiore. E così tornò sulla spiaggia e ricominciò a cercare l’amo perduto. Era molto depresso, poiché aveva perso tutte le speranze di riuscire mai a trovare l’amo del fratello. Mentre se ne stava in piedi sulla spiaggia molto perplesso e chiedendosi quale fosse la cosa migliore che avrebbe potuto fare, apparve all’improvviso un vecchio con un bastone in mano. Il Fortunato Cacciatore si ricordò in seguito che non aveva visto da dove era arrivato il vecchio, e neppure sapeva chi fosse. Cominciò a osservarlo vide che stava venendo verso di lui.
«Tu sei Hohodemi, l’augusta maestà, chiamato a volte il Fortunato Cacciatore. Sei tu, vero?» chiese il vecchio. «Che stai facendo tutto solo in un posto così?»
«Sì, sono io» rispose l’infelice giovane. «Per mia disgrazia, mentre stavo pescando ho perso il prezioso amo da pesca di mio fratello. Ho cercato sulla spiaggia in lungo e in largo, ma ahimè, non riesco a trovarlo e sono molto preoccupato, perché mio fratello non mi perdonerà fino a quando non glielo restituirò. Ma tu chi sei?»
«Il mio nome è Shiwozuchino Okina, e vivo qui vicino su questa spiaggia. Sono dispiaciuto di sentire la sfortuna che ti è capitata. Devi essere veramente preoccupato. Ma ti dico cosa penso. L’amo non è più qui, è in fondo al mare oppure nel corpo di un pesce che lo ha inghiottito, e per questo motivo, anche se passerai tutta la vita a cercarlo, non lo troverai mai.»
«E allora che posso fare?» chiese afflitto l’uomo.
«La cosa migliore è che ti rechi a Ryn Gu e racconti a Ryn Jin, il Re Drago del Mare, il tuo problema e gli chieda di trovare l’amo per te. Penso che questo sarebbe il modo migliore.»
«La tua è una splendida idea» disse il Fortunato Cacciatore, «ma ho paura che non potrò andare nel reame del Re del Mare perché ho sentito dire che si trova in fondo al mare.»
«Non avrai nessuna difficoltà a raggiungerlo» disse il vecchio; «posso fare subito qualcosa per farti viaggiare attraverso il mare.»
«Grazie» disse il Fortunato Cacciatore. «Ti sarò infinitamente grato se sarai tanto gentile.»
Il vecchio dunque si mise al lavoro, intrecciò un canestro e lo offrì al Fortunato Cacciatore, che lo accettò con gioia, lo mise in acqua, vi entrò e si preparò a partire. Augurò ogni bene al gentile vecchio che lo aveva aiutato così tanto e gli disse che lo avrebbe sicuramente ricompensato non appena avesse trovato l’amo e avesse potuto ritornare in Giappone senza temere l’ira del fratello. Il vecchio gli indicò la direzione che doveva prendere e gli spiegò come raggiungere il regno di Ryn Gu, quindi rimase a osservarlo mentre cavalcava il mare dentro il canestro che sembrava una piccola barca.
Il Fortunato Cacciatore fece più in fretta che poteva, viaggiando nel canestro che il suo amico gli aveva dato. Quella curiosa imbarcazione sembrava andare attraverso l’acqua di sua spontanea volontà, e la distanza era molto più breve di quello che si era aspettato, dato che in poche ore avvistò il cancello e il tetto del palazzo del Re del Mare. E che posto enorme, con i suoi innumerevoli tetti spioventi e i frontoni, gli enormi cancelli e le pareti di pietra grigia! In breve prese terra e, lasciato il canestro sulla spiaggia, si diresse verso il grande cancello. Le colonne che lo sorreggevano erano fatte di un bel corallo rosso, e lo stesso cancello era decorato con gemme sfavillanti di ogni genere. Grandi alberi di katsura gli facevano ombra. Il nostro eroe aveva sentito parlare spesso delle meraviglie di quel palazzo nelle profondità del mare, ma tutte le storie che aveva udito erano ben lungi dalla realtà che ora vedeva per la prima volta.
Il Fortunato Cacciatore avrebbe voluto attraversare subito il cancello, ma si avvide che era sprangato e inoltre che non c’era nessuno a cui chiedere di aprirgli, per cui si fermò per pensare al da farsi. All’ombra degli alberi davanti al cancello notò un pozzo pieno di fresca acqua di sorgente. Certamente, pensò, qualcuno prima o poi sarebbe venuto ad attingere acqua dal pozzo. Perciò si arrampicò sugli alberi che sovrastavano il pozzo, si sedette per riposare su uno dei rami e aspettò quello che sarebbe successo. Poco dopo vide il gigantesco cancello aprirsi e due belle donne uscire. Ora Mikoto aveva sempre sentito dire che Ryn Gu era il regno del Re Drago sotto il mare e aveva sempre immaginato che quel luogo fosse abitato da draghi e simili tremende creature, così, quando vide quelle due amabili principesse, la cui bellezza sarebbe stata rara anche nel mondo da cui era appena arrivato, fu straordinariamente sorpreso e meravigliato da quello che vedeva.
Però non disse una parola, ma le osservò in silenzio attraverso le fronde dell’albero, in attesa di vedere cosa avrebbero fatto. Vide che portavano in mano dei secchi d’oro. Lentamente e con grazia nei loro abiti con lo strascico si avvicinavano al pozzo, tenendosi all’ombra degli alberi di katsura, e stavano per attingere l’acqua del tutto ignare dello straniero che le stava osservando, perché il Fortunato Cacciatore era completamente nascosto fra i rami dell’albero su cui si era arrampicato.
Non appena le due donne si piegarono sull’orlo del pozzo per immergere i loro secchi d’oro, cosa che facevano tutti i giorni dell’anno, videro riflesso nell’acqua calma e profonda il viso di un bel giovane che le osservava dal folto dei rami dell’albero nella cui ombra si trovava.
Non avevano mai visto prima il viso di un uomo mortale; si spaventarono e si tirarono velocemente indietro con i secchi d’oro tra le mani. Ma la curiosità ridiede loro coraggio e lanciarono uno sguardo timido verso l’alto per vedere cosa aveva causato quell’insolito riflesso, e fu così che scorsero il Fortunato Cacciatore che sedeva sull’albero e guardava giù verso di loro con sorpresa e ammirazione. Osservavano il suo volto, ma le loro lingue erano ammutolite per la meraviglia e non riuscivano a trovare neppure una parola da dirgli.
Quando il Mikoto vide che era stato scoperto, saltò giù dall’albero con leggerezza e disse:
«Sono un viaggiatore e, dato che ho molta sete, sono venuto al pozzo sperando di dissetarmi, ma non sono riuscito a trovare un secchio per attingere l’acqua. Così mi sono arrampicato sull’albero, molto contrariato, e ho aspettato che arrivasse qualcuno. Proprio in quel momento, mentre aspettavo assetato e impaziente, voi nobili signore siete apparse, come per rispondere al mio grande bisogno. Perciò vi prego di essere pietose e di darmi un po’ d’acqua da bere, perché sono un viaggiatore assetato in una terra straniera.»
La sua dignità e gentilezza prevalsero sulla loro timidezza, e inchinandosi in silenzio tutte due insieme, si avvicinarono al pozzo e, immersi il loro secchi d’oro, attinsero un po’ d’acqua, la versarono in una coppa decorata di gemme e la offrirono allo straniero.
Questi la prese da loro con entrambe le mani, la sollevò al di sopra della fronte in segno di grande rispetto e piacere, poi bevve l’acqua in fretta perché era molto assetato. Dopo un lungo sorso, posò la coppa sul bordo del pozzo ed estratta la sua corta spada tagliò uno degli strani gioielli ricurvi [magatama] da una collana che portava al collo e gli scendeva sul petto. Mise il gioiello nella coppa e disse, inchinandosi profondamente:
«Questo è un segno della mia gratitudine!»
Le due donne presero la coppa e, guardando dentro di essa per vedere cosa vi aveva messo – non sapevano ancora di che si trattava – ebbero un moto di sorpresa perché sul fondo della coppa c’era una bella gemma.
«Nessun comune mortale darebbe via un gioiello con tanta generosità. Ci faresti l’onore di dirci che sei?» disse la più vecchia delle due.
«Certamente» disse il Fortunato Cacciatore, «sono Hohodemi, il quarto Mikoto, chiamato anche in Giappone il Fortunato Cacciatore.»
«Sei veramente Hohodemi, il nipote di Amaterasu, la Dea del Sole?» chiese la ragazza che aveva parlato per prima. «Io sono la figlia maggiore di Ryn Jin, il re del mare, e mi chiamo Principessa Tayotama.»
«E io» disse la ragazza più giovane, che finalmente aveva ritrovato la lingua, «sono sua sorella, la Principessa Tamayori.»
«Siete proprio le figlie di Ryn Jin, il Re del Mare? Non ho parole per dirvi quanto sono felice d’incontrarvi» disse il Cacciatore Fortunato, e senza attendere risposta, aggiunse:
«Qualche giorno fa sono andato a pescare con l’amo di mio fratello e l’ho perso non so bene come. Dal momento che mio fratello stima il suo amo più di ogni altra cosa al mondo, è una immensa disgrazia che mi sia capitato questo. Se non lo ritrovo non posso sperare di ottenere il suo perdono, poiché è molto arrabbiato per quello che ho fatto. L’ho cercato molto molto a lungo, ma non sono riuscito a trovarlo e quindi sono molto preoccupato. Mentre lo stavo cercando disperatamente, ho incontrato un vecchio saggio il quale mi ha detto che la cosa migliore che avrei potuto fare era venire a Ryn Gu da Ryn Jin, il Re Drago del Mare e chiedergli di aiutarmi. Quel gentile e saggio vecchio mi ha anche insegnato la maniera per arrivare. Adesso sapete come sono venuto qui e perché. Desidero chiedere a Ryn Jin se sa dov’è l’amo perduto. Sareste tanto gentili da accompagnarmi da vostro padre? E credete che vorrà ricevermi?» chiese ansiosamente il Fortunato Cacciatore.
La Principessa Tayotama ascoltò quel lungo racconto, poi disse:
«Non soltanto sarà facile per te incontrare mio padre, ma gli farà molto piacere incontrarti. Sono certa che dirà che gli è capitata una grande fortuna che un così grande e nobile uomo quale sei tu, il nipote di Amaterasu, sia sceso sul fondo del mare.» Poi, rivolgendosi alla sorella minore, disse:
«Non lo pensi anche tu, Tamayori?»
«Sì, certamente» rispose la Principessa Tamayori con la sua dolce voce. «È proprio come dici tu, non potremmo avere un onore più grande di quello di accogliere il Mikoto nella nostra casa.»
«Allora vi prego di essere così gentili da mostrarmi la strada», disse il Fortunato Cacciatore.
«Abbi la compiacenza di entrare, Mikoto», dissero entrambe le sorelle con un profondo inchino, quindi lo guidarono oltre il cancello.
La principessa più giovane lasciò che la sorella si prendesse cura del Fortunato Cacciatore e si affrettò a raggiungere per prima il palazzo del Re del Mare, corse velocemente nella stanza del padre, gli disse cosa era accaduto loro al cancello e che la sorella stava accompagnando da lui l’augusta maestà. Il Re Drago del Mare fu molto meravigliato della notizia, perché molto raramente, anzi forse solo una volta in molte centinaia di anni, il suo palazzo aveva ricevuto una visita da persone mortali.
Ryn Jin batté le mani e radunò tutti i cortigiani e i servitori del palazzo, insieme al capo dei pesci del mare, e annunciò loro solennemente che il nipote della Dea del Sole, Amaterasu, stava venendo a palazzo e che dovevano essere molto cerimoniosi e cortesi nel servire l’augusto visitatore. Poi li mandò all’entrata del palazzo per dare il benvenuto al Fortunato Cacciatore.
Quindi Ryn Jin si abbigliò con i suoi abiti da cerimonia e uscì anch’egli a dargli il benvenuto. Pochi istanti dopo la Principessa Tayotama e il Fortunato Cacciatore raggiunsero l’ingresso, e il Re del Mare e la moglie s’inchinarono fino a terra e lo ringraziarono dell’onore che loro faceva venendo a far loro visita. Poi il Re del Mare condusse il Fortunato Cacciatore nella stanza degli ospiti e lo fece accomodare nel seggio più alto, s’inchinò con rispetto davanti a lui e disse:
«Sono Ryn Jin, il Re Drago del Mare, e questa è mia moglie. Concedici la grazia di ricordarti di noi per sempre.»
«Sei proprio Ryn Jin, il Re del Mare, di cui ho udito parlare tante volte?» rispose il Fortunato Cacciatore salutando il suo ospite con i modi più cerimoniosi. «Devo scusarmi per tutto il disturbo che ti sto procurando con la mia visita inattesa.» E si inchinò nuovamente e ringraziò il Re del Mare.
«Non è necessario che mi ringrazi» disse Ryn Jin. «Sono io che devo ringraziarti per essere venuto. Anche se il Palazzo del Mare è un ben misero luogo, sarò onoratissimo se la tua visita sarà lunga.»
C’era molta gioia fra il Re del Mare e il Cacciatore Fortunato, ed essi sedettero a parlare molto a lungo. Alla fine il Re del Mare batté le mani, ed ecco apparire un lunghissimo corteo di pesci, tutti vestiti con abiti da cerimonia, che recavano tra le pinne vari piatti su cui erano serviti tutti i generi di squisitezze del mare. Si svolse una grande festa per il Re del Mare e il suo regale ospite. Tutti i pesci servitori erano stati scelti fra i più raffinati pesci del mare, e potete immaginarvi che meravigliosa schiera di creature marine era quella che serviva il Fortunato Cacciatore quel giorno. Tutti nel palazzo si sforzavano di fare del loro meglio per compiacergli e dimostrargli che era un onoratissimo ospite. Durante quel lungo banchetto, che si protrasse per ore, Ryn Jin ordinò alle figlie di suonare un po’ di musica, e le due principesse suonarono il koto [l’arpa giapponese], cantando e danzando a turno. Il tempo trascorreva in modo così gradevole che il Fortunato Cacciatore sembrava aver dimenticato la sua preoccupazione e il motivo per cui si era recato nel regno del Re del Mare, e si abbandonava alla piacevolezza di quel luogo meraviglioso, la terra dei pesci incantati! Chi mai ha sentito parlare di un luogo così meraviglioso? Ma ben presto il Mikoto ridò cosa lo aveva portato a Ryn Gu e disse al suo ospite:
«Forse le tue figlie ti hanno detto, Re Ryn Jin, che sono venuto qui nel tentativo di ricuperare l’amo da pesca di mio fratello che ho perso qualche giorno fa mentre pescavo. Posso chiederti di essere così gentile da domandare a tutti i tuoi sudditi se uno di loro ha visto un amo da pesca perduto nel mare?»
«Certamente» disse compiacente il Re del Mare. «Li radunerò subito tutti qui e lo domanderò loro.»
Non appena il Re ebbe impartito il suo ordine, il polipo, la seppia, il tonno, l’anguilla, la medusa, il gambero e la pianuzza, e tanti altri pesci di tutti i generi arrivarono e sedettero di fronte al loro re Ryn Jin con le pinne sistemate in ordine.. Allora il Re del Mare disse con solennità:
«Il nostro ospite che siede davanti a tutti voi è l’augusto nipote di Amaterasu. Il suo nome è Hohodemi, quarta Maestà Imperiale, ed è anche chiamato il Fortunato Cacciatore delle Montagne. Mentre stava pescando qualche giorno fa sulle rive del Giappone, qualcuno gli ha rubato l’amo da pesca di suo fratello. È sceso quaggiù sul fondo del mare fino al nostro regno perché pensa che uno di voi pesci possa avergli preso l’amo per fargli un dispetto. Se uno di voi ha fatto ciò, deve immediatamente restituirlo, o se qualcuno sa chi è stato deve dirci immediatamente il nome e dove si trova adesso.»
Tutti i pesci furono sorpresi quando udirono queste parole e per un po’ non riuscirono a dire niente. Sedevano guardandosi a vicenda e guardando il Re Drago. Alla fine la seppia si fece avanti e disse:
«Credo che sia il tai [il berice rosso] il ladro che ha rubato l’amo!»
«Che prove hai?» chiese il Re.
«Da ieri sera il tai non è stato in grado di mangiare niente e pare che stia soffrendo di mal di gola! Quindi credo che l’amo possa essere conficcato nella sua gola. E tu avevi mandato a chiamare anche lui!»
Tutti i pesci furono d’accordo e dissero:
«Certo è una cosa molto strana che il tai sia l’unico pesce che non ha risposto alla tua chiamata. Mandalo a prendere e indaga su questa faccenda, così la nostra innocenza sarà dimostrata.»
«Sì» disse il Re del Mare «è strano che il tai non sia venuto, perché avrebbe dovuto essere il primo ad arrivare qui. Andatelo a cercare!»
La seppia, senza aspettare l’ordine del re, era già partita verso la casa del tai e stava tornando portandolo con sé. Lo spinse davanti al Re.
Il tai sedeva spaventato e malato. Sicuramente soffriva, perché la sua faccia solitamente rossa era pallida e gli occhi erano quasi chiusi e sembravano grandi la metà del solito.
«Rispondi, tai!» esclamò il Re del Mare «perché non ti sei presentato oggi in risposta alla mia chiamata?»
«Sono stato malato da ieri sera» rispose il tai, «ecco perché non ho potuto venire.»
«Non dire un’altra parola!» gridò furioso Ryn Jin. «La tua malattia è la punizione divina per avere rubato l’amo del Mikoto!»
«È la terribile verità» disse il tai, «l’amo è ancora nella mia gola e tutti gli sforzi per toglierlo sono stati inutili. Non riesco a mangiare e posso respirare a malapena, e ogni momento sembra che mi voglia soffocare e a volte mi procura un dolore terribile. Non avevo intenzione di rubare l’amo del Mikoto. Ho morso distrattamente l’esca che avevo visto nell’acqua e l’amo si è staccato e mi si è conficcato in gola. Spero che vorrai perdonarmi.»
Allora la seppia si fece avanti e disse al Re:
«Quello che ho detto era la verità. Come vedi l’amo è ancora nella gola del tai. Spero di riuscire a estrarlo alla presenza del Mikoto, così potremo restituirglielo!»
«Oh sì, ti prego, fallo subito e tiralo fuori!» esclamò il tai con un tono pietoso, perché sentiva che gli ritornavano i dolori alla gola, «tutto quello che voglio è restituire l’amo al Mikoto.»
«D’accordo, tai san» disse la sua amica seppia. Quindi aprì la bocca del tai più che poté e spingendo uno dei suoi tentacoli giù per la gola del tai, estrasse rapidamente e con facilità l’amo dalla larga bocca del malcapitato. Poi lo lavò e lo portò al Re.
Ryn Jin prese l’amo dal suo suddito e lo restituì con rispetto al Fortunato Cacciatore che fu felicissimo di riavere il suo amo. Ringraziò ripetutamente Ryn Jin con il viso raggiante di gratitudine e disse che doveva la felice conclusione della sua richiesta alla saggia autorità e alla gentilezza del Re del Mare.
A questo punto Ryn Jin voleva punire il tai, ma il Fortunato Cacciatore lo pregò di non farlo: dal momento che l’amo perduto era stato felicemente ricuperato, non voleva procura nuove sofferenze al povero tai. È vero che era proprio lui che aveva preso l’amo, ma aveva già patito abbastanza per la sua colpa, se di colpa si poteva parlare. Aveva fatto quel che aveva fatto per distrazione non intenzionalmente. Il Fortunato Cacciatore disse che biasimava se stesso. Se avesse saputo pescare come si deve, non avrebbe mai perso l’amo, e perciò tutti i fastidi erano stati causati prima di tutto dal fatto che aveva provato a fare qualcosa che non era capace di fare. E quindi pregò il Re del Mare di perdonare il suo suddito.
Chi poteva resistere alla perorazione di un giudice così saggio e compassionevole? Ryn Jin perdonò il uso suddito non appena il suo augusto ospite glielo chiese. Il tai fu così felice che batté le pinne per la gioia, e tutti gli altri pesci si allontanarono dal cospetto del Re lodando le virtù del Fortunato Cacciatore.
Ormai che l’amo era stato trovato, il Fortunato Cacciatore non aveva più ragione per trattenersi a Ryn Gu ed era ansioso di tornare nel suo regno e di rappacificarsi con il suo furibondo fratello, l’Abilissimo Pescatore. Ma il Re del Mare, che aveva imparato ad apprezzarlo e lo avrebbe volentieri tenuto presso di sé come un figlio, lo pregò di fare del Palazzo del Mare la sua casa fino a quando avesse voluto. Mentre il Fortunato Cacciatore ancora esitava, arrivarono le due amabili principesse, Tayotama e Tamayori e con la dolcezza degli inchini e delle loro voci si unirono al padre per spingerlo a rimanere, in modo che non potesse dire di no senza sembrare poco gentile e fosse costretto a restare un po’ con loro.
Il Fortunato Cacciatore si era accorto che erano passati rapidamente tre anni in quel delizioso paese. Gli anni scorrono in fretta quando si è veramente felici. Ma benché le meraviglie di quella terra incantata sembrassero essere nuove ogni giorno, e benché la gentilezza del Re del Mare sembrasse crescere sempre di più con il passare del tempo, il Fortunato Cacciatore diventava sempre più nostalgico man mano che i giorni passavano e non riusciva a frenare la sua grande ansietà di sapere cosa era successo a casa sua, nel suo paese e a suo fratello mentre era lontano.
Così alla fine si recò dal Re del Mare e disse:
«Il mio soggiorno qui con te è stato felicissimo e ti sono veramente grato per tutte le gentilezze che hai avuto per me, ma io governo il Giappone, e per quanto delizioso possa essere questo luogo, non posso assentarmi per sempre dal mio paese. Inoltre devo restituire l’amo a mio fratello e chiedere il suo perdono per averlo lasciato senza così a lungo. Sono veramente dispiaciuto di partire, ma non ci posso fare niente. Con il tuo gentile permesso prenderò congedo oggi stesso. Spero di farti un’altra visita un giorno o l’altro. Ti prego, abbandona l’idea che possa rimanere ancora.»
Re Ryn Jin fu sopraffatto dal dispiacere al pensiero che avrebbe dovuto perdere l’amico che aveva portato grande distrazione nel Palazzo del Mare, e le lacrime scesero veloci quanto pronta fu la sua risposta:
«Siamo veramente dolenti che tu parta, Mikoto, perché il tuo soggiorno con noi ci ha procurato grande felicità. Sei stato un ospite nobile e onorato, e ti abbiamo accolto con tutto il cuore. Capisco perfettamente che tu governi il Giappone, e quindi dovresti essere là e non qui, e che è inutile tentare di trattenerti qui più a lungo per tutto il tempo che avremmo voluto averti con noi. Spero che non ci dimenticherai. Strane circostanze ci hanno fatto incontrare, e confido che l’amicizia che è nata in questo modo fra la terra e il mare durerà e crescerà più salda di quanto lo è stata prima.»
Quando il Re del Mare ebbe finito il suo discorso, si rivolse alle due figlie e le esortò a portargli i due Gioielli della Marea. Le due principesse si inchinarono profondamente, si alzarono e uscirono silenziose dalla sala. Pochi minuti dopo tornarono portando ciascuna in mano una gemma scintillante che riempiva di luce la sala. Quando il Fortunato Cacciatore le vide si chiese cosa potessero essere. Il Re del Mare le prese dalle mani delle figlie e disse all’ospite:
«Questi due preziosi talismani sono una eredità che da tempo immemorabile abbiamo ricevuto dai nostri antenati. Ora li doniamo a te come dono di addio in segno del nostro grande affetto per te. Queste due gemme si chiamano il nanjiu e il kanjiu.»
Il Fortunato Cacciatore s’inchinò fino a terra e disse:
«Non potrò mai ringraziarti abbastanza per la tua gentilezza verso di me. E ora posso chiederti un ultimo favore, cioè di dirmi cosa sono questi gioielli e cosa devo fare con loro.»
«Il nanjiu» rispose il Re del Mare «è chiamato anche il Gioiello dell’Alta Marea, e chiunque lo possiede può comandare al mare di arrivare e di sommergere il paese ogni volta che vuole. Il kanjiu è chiamato anche il Gioiello della Bassa Marea e tiene sotto controllo il mare e le onde, e così fa in modo che un’onda di marea si ritiri.»
Poi Ryn Jin mostrò al suo amico come usare i talismani uno alla volta e glieli porse. Il Fortunato Cacciatore era felicissimo di avere quelle due gemme meravigliose, il Gioiello dell’Alta Marea e il Gioiello della Bassa Marea da portare indietro con sé, perché sentiva che lo avrebbero sempre salvato in caso di pericolo da parte di nemici. Dopo avere ringraziato più e più volte il suo squisito ospite, si preparò a partire. Il Re del Mare e le due Principesse Tayotama e Tamayori, insieme a tutti gli abitanti del Palazzo vennero a dirgli “Addio”, e prima che il suono dell’ultimo addio si spegnesse, il Fortunato Cacciatore attraversò il cancello, passò accanto a quel pozzo che gli ricordava con piacere quando si trovava all’ombra del grande albero di katsura e si diresse verso la spiaggia.
Qui, invece del bizzarro canestro con cui era arrivato al Regno di Ryn Gu, trovò un grande coccodrillo che lo aspettava. Nessuno aveva mai visto una creatura così gigantesca. Era lungo almeno quindici metri dalla punta della coda all’estremità della lunga bocca. Il Re del Mare aveva ordinato al mostro di trasportare il Fortunato Cacciatore indietro in Giappone. Come il prodigioso canestro fabbricato da Shiwozuchino Okina, poteva viaggiare più veloce di ogni imbarcazione, e così, in questo strano modo, cavalcando sul dorso di un coccodrillo, il Fortunato Cacciatore fece ritorno in patria.
Non appena il coccodrillo lo lasciò sulla terraferma, il Fortunato Cacciatore si affrettò a recarsi dall’Abilissimo Pescatore per comunicargli di avere fatto ritorno sano e salvo. Gli restituì quindi l’amo da pesca che era stato ritrovato nella bocca del tai e che era stata la causa di così tanti contrasti fra di loro. Pregò ardentemente il fratello di perdonarlo raccontandogli tutto quello che era accaduto nel palazzo del Re del Mare e le avventure meravigliose che aveva vissuto per ritrovare l’amo.
Ora l’Abilissimo Pescatore si era servito dell’amo perduto come scusa per allontanare il fratello dal paese. Quando il fratello se n’era andato tre anni prima e non aveva più fatto ritorno, aveva goduto moltissimo nel suo cuore malvagio e aveva subito usurpato il posto del fratello al governo del paese, diventando ricco e potente. Proprio mentre godeva appieno ciò che non gli apparteneva e sperava che il fratello non tornasse mai più a reclamare i suoi diritti, in modo del tutto inaspettato di ritrovò di fronte il Fortunato Cacciatore.
L’Abilissimo Pescatore finse di perdonare poiché non poteva più trovare scuse per allontanare il fratello un’altra volta, ma nel suo cuore era veramente furioso e odiava sempre di più il fratello, finché alla fine non poté più sopportarne la vista un giorno dopo l’altro, e progettò e cercò un occasione per ucciderlo.
Un giorno, mentre il Fortunato Cacciatore stava passeggiando per i campi di riso, il fratello lo seguì con un pugnale. Il Fortunato Cacciatore si rese conto che il fratello lo stava seguendo per ucciderlo e capì che in quell’ora di estremo pericolo era venuto il momento di usare i Gioiello dell’Alta e della Bassa Marea per provare se quello che gli aveva detto il Re del Mare era la verità.
Estrasse quindi dall’abito il Gioiello dell’Alta Marea e lo sollevò verso la fronte. Istantaneamente il mare si precipitò onda su onda per i campi e sulle fattorie, fino a quando raggiunse il punto dove si trovava suo fratello. L’Abilissimo Pescatore si fermò sbalordito e terrorizzato alla vista di quanto stava accadendo.
Entro un minuto si stava dibattendo nell’acqua e chiamava il fratello perché lo salvasse dall’annegamento.
Il Fortunato Cacciatore aveva un cuore gentile e non poteva sopportare la vista del dolore del fratello. Ripose subito il Gioiello dell’Alta Marea ed estrasse il Gioiello della Bassa Marea. Non aveva neppure finito di sollevarlo verso la fronte che il mare si ritirò sempre più, in un attimo la marea incalzante era sparita, e campi, fattorie e la terra asciutta ricomparvero.
L’Abilissimo peccatore era letteralmente terrorizzato pensando al pericolo di morte in cui si era trovato ed era molto impressionato dagli oggetti prodigiosi che aveva visto usare dal fratello.
Aveva capito che stava per compiere un errore fatale mettendosi contro di lui, poiché questi, anche se era più giovane, era ormai diventato tanto potente che la marea si alzava e si abbassava al suo comando. E così si umiliò di fronte al Cacciatore Fortunato e gli chiese di perdonargli tutte le cattiverie che gli aveva fatto. Promise di restituirgli tutti i suoi diritti e inoltre giurò che, pur essendo il Fortunato Cacciatore il più giovane e gli dovesse fedeltà per diritto di nascita, egli, l’Abilissimo Pescatore, lo avrebbe innalzato come superiore a lui e gli s’inchinò di fronte considerandolo signore di tutto il Giappone
Allora il Fortunato Cacciatore disse al fratello che lo avrebbe perdonato se avesse gettato nella marea che si stava ritirando tutti i suoi malvagi comportamenti. L’Abilissimo Pescatore promise e ci fu pace tra i due fratelli. Da quel momento mantenne la parola data e divenne un uomo buono e un fratello gentile.
Il Fortunato Cacciatore governò il suo regno senza essere turbato da contese di famiglia, e ci fu pace in Giappone per moltissimo tempo. Fra tutti i tesori della sua casa, quelli che considerava più preziosi erano i Gioielli dell’Alta e della Bassa Marea che gli aveva donato Ryn Jin, il Re Drago del Mare.
E questo è il lieto fine della storia del Fortunato Cacciatore e dell’Abilissimo Pescatore.
FINE
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