Leggende Orientali – LO SHINANSHA – OVVERO IL CARRO CHE INDICA SEMPRE IL SUD
Leggenda dalla Cina
Tradotta da Dario55
LO SHINANSHA – OVVERO IL CARRO CHE INDICA SEMPRE IL SUD
L’ago della bussola indica sempre il nord. È una cosa più che normale, e nessuno al giorno d’oggi penserebbe che ci sia qualche cosa di strano, ma una volta, quando la bussola fu inventata, la cosa dovette stupire molte persone.
Tanto tempo fa, in Cina, fu inventata una cosa strabiliante che fu chiamata Shinansha.
Si trattava di una specie di carro su cui era posta la raffigurazione di un uomo che indicava sempre verso sud. Non aveva importanza dove si trovava il carro: l’uomo raffigurato girava su se stesso e indicava il sud.
Questo singolare strumento era stato inventato da Kotei, uno dei tre imperatori cinesi dell’età mitica.
Kotei era figlio dell’imperatore Yuhi. Prima che nascesse, una visione aveva predetto alla madre che il figlio sarebbe stato un grande uomo.
Una sera di estate la madre uscì a passeggiare nei prati per cercare il refrigerio della brezza che soffiava sul finire del giorno e per bearsi alla vista del cielo stellato sopra di lei. Quando vide la Stella Polare, questa, strano a dirsi, lanciava brillanti lampi di luce in tutte le direzioni. Subito dopo questo fenomeno, suo figlio Kotei venne al mondo.
Kotei crebbe fino all’età virile e successe al padre, l’imperatore Yuhi. I primi anni del suo regno furono funestati dal ribelle Shiyu, che voleva diventare imperatore e combatté molte battaglie per raggiungere il suo scopo. Shiyu era un mago crudele, la sua testa era di ferro e non c’era uomo che potesse sopraffarlo.
Alla fine Kotei dichiarò guerra contro il ribelle e guidò l’esercito in battaglia. I due eserciti si incontrarono sulla pianura chiamata Takuroku. L’imperatore attaccò arditamente il nemico, ma il mago fece scendere una fitta nebbia sul campo di battaglia, e mentre l’armata imperiale si aggirava qua e là completamente disorientata cercando di trovare la strada, Shiyu si ritirò con le sue truppe ridendosela per aver beffato l’esercito dell’imperatore.
Non aveva importanza quanto forti e coraggiosi fossero i soldati dell’imperatore: alla fine il ribelle riusciva sempre a scamparla ricorrendo alla magia.
Kotei fece ritorno a palazzo, e pensò e meditò profondamente sul modo di sconfiggere il mago, perché era deciso a non lasciarselo scappare ancora. Dopo qualche tempo inventò lo shinansha con la raffigurazione di un uomo che indicava sempre il sud: a quel tempo non esistevano bussole. Con questo strumento che gli mostrava la strada non doveva temere la nebbia fitta che il mago faceva sollevare per confondere i suoi uomini.
Kotei quindi dichiarò di nuovo guerra a Shiyu. Mise lo shinansha alla testa dell’esercito e si diresse al campo di battaglia.
La lotta cominciò accanita. Il ribelle stava per essere volto in ritirata dall’esercito imperiale, quando ricorse nuovamente alla magia, e non appena pronunciò con voce sonante alcune strane parole, una densa nebbia scese sul campo di battaglia.
Ma questa volta nessun soldato badò alla nebbia, nessuno fu disorientato. Kotei, facendo riferimento allo shinansha, poté trovare la strada e guidò il suo esercito senza il minimo errore. Inseguì da vicino l’esercito ribelle e li incalzò finché arrivarono a un grande fiume, gonfio di onde e impossibile da attraversare.
Shiyu, servendosi delle arti magiche, oltrepassò velocemente il fiume con il suo esercito e si asserragliò in una roccaforte sulla riva opposta.
Quando Kotei si vide arrestare il cammino, si adirò moltissimo, poiché stava per raggiungere il ribelle bloccato dal fiume.
Ma non poteva far niente. Non c’erano barche a quei tempi, per cui l’Imperatore ordinò che fosse innalzato il suo padiglione e si dispose ad attendere.
Un giorno Kotei uscì dalla sua tenda per passeggiare e dopo aver camminato per un po’, giunse a uno stagno. Si sedette sulla riva e si lasciò trasportare dai suoi pensieri.
Era autunno. Gli alberi che crescevano lungo le sponde stavano perdendo le foglie che galleggiavano qua e là sulla superficie dello stagno. L’attenzione di Kotei fu attirata un po’ alla volta da un ragno al bordo dell’acqua. L’animaletto tentava di attraversare l’acqua passando dall’una all’altra delle foglie che galleggiavano. Alla fine ci riuscì e arrivò rapidamente sull’altra sponda galleggiando sull’acqua dello stagno. Questo episodio apparentemente insignificante fece meditare l’Imperatore, che con la sua intelligenza capì che avrebbe potuto fare qualcosa per attraversare il fiume insieme ai suoi uomini con lo stesso sistema che il ragno aveva usato per farsi trasportare dalle foglie. Si mise dunque all’opera e non smise di lavorare fino a quando inventò la prima imbarcazione. Resosi conto che la sua idea funzionava, ordinò ai suoi uomini di costruire altre imbarcazioni, e ben presto ne ebbero a sufficienza per trasportare l’intero esercito.
Allora Kotei trasportò l’esercito al di là del fiume e attaccò la roccaforte di Shiyu. La vittoria fu sua, e mise fine alla guerra che aveva fatto soffrire per tanto tempo il paese.
Questo Imperatore saggio e buono continuò a impegnarsi fino al momento in cui riuscì a garantire la pace e la prosperità a tutto il suo paese. I sudditi lo amavano e godettero per un lungo numero di anni le gioie della pace sotto di lui. Egli occupò molto del suo tempo nel mettere a punto invenzioni che portassero giovamento al suo popolo, e molti furono i suoi successi oltre a quello dell’imbarcazione e dello shinansha che indica il sud.
Aveva regnato per quasi cento anni, quand’ecco che un giorno, mentre stava guardando verso l’alto, il cielo si fece improvvisamente rosso e qualcosa brillò come l’oro in direzione della Terra. Quando arrivò vicino a Kotei, si rivelò essere un grande drago. Il drago si avvicinò e si inchinò davanti all’Imperatore. L’Imperatrice e il suo seguito erano talmente terrorizzati che non riuscivano neppure a gridare.
Ma l’Imperatore, solo fra tutti, sorrise e chiese loro di stare tranquilli, dicendo:
«Non abbiate paura. Questo è un messaggero del Cielo. La mia vita è finita».
Detto questo, salì sul drago che cominciò a salire verso il cielo.
Quando l’Imperatrice e il suo seguito videro tutto ciò, gridarono tutti insieme:
«Aspetta! Vogliamo venire anche noi!»
E corsero tutti in avanti, si aggrapparono al drago e cercarono di salire su di lui.
Ma non era possibile che tante persone riuscissero a salire in groppa al drago. Molte di loro si appesero alla barba della creatura e così, quando cercarono di arrampicarsi sui suoi capelli, caddero al suolo.
Intanto l’Imperatrice e alcuni cortigiani erano riusciti a trovare una posizione sicura seduti sul dorso del drago. Il drago salì così in alto verso il cielo che ben presto l’altra gente del Palazzo – estremamente contrariata di essere stata lasciata a terra – non poté più vederlo
Qualche tempo dopo un arco e una freccia caddero sulla Terra nel cortile del Palazzo. Tutti riconobbero che erano appartenute all’Imperatore Kotei. I cortigiani li conservarono con cura e li custodirono nel Palazzo come sacre reliquie.
FINE
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