Leggende Orientali – LA DEA DEL SOLE E IL DIO DELLE TEMPESTE

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Leggenda dal Giappone

Tradotta da Dario55

A fondo pagina, delle immagini sulla fiaba.

LA DEA DEL SOLE E IL DIO DELLE TEMPESTE

Susano-O e Amaterasu erano fratello e sorella, ed erano anche marito e moglie. Come che sia, una cosa è certa: non andavano d’accordo, neppure sulle minime cose, e non potevano stare insieme a lungo senza litigare. Per di più fra di loro c’era un legame che li costringeva a stare spesso vicini. Questa è la storia di uno dei loro incontri/scontri.

Bisogna sapere innanzitutto che Amaterasu, era la dea del sole, che governava la pianura del cielo. Il suo nome completo è Ama-terasu-ō-mi-kami e significa “la grande dea che brilla nei cieli”. Era nata dall’occhio sinistro del dio primordiale Izanagi mentre questi si stava purificando in un fiume e aveva ricevuto il governo dell’Alta Pianura Celeste (Takamagahara). Quando mostrava la sua dolce bellezza insieme alla sua potenza, irraggiava forza vitale e speranza sulla terra del Giappone e su tutto il mondo.
Susano-O, invece, era il dio dei venti e delle tempeste, audace, ma anche vivace e impulsivo, colui che liberava i sentimenti repressi agitando le cose quando diventavano troppo monotone. La gente lo invocava quando aveva bisogno che le cose cambiassero e lo chiamava familiarmente “il maschio impetuoso” perché gli piaceva muoversi velocemente, creando confusione e rumore dovunque passava.
Si racconta che un giorno Susano-O si recò nel regno celeste per far visita alla sorella e passare un certo periodo crogiolandosi alla sua luce e al suo calore. Per la fretta di vedere Amaterasu, Susano-O si mosse attraverso il cielo con un crepitio di tuono, scuotendo le montagne e i fiumi e costringendo tutti gli esseri viventi a nascondersi. La notte sembrava piena di furie scatenate che imperversavano come un nero velluto da ogni parte del cielo.
Perfino Amaterasu si spaventò e decise di prendere qualche precauzione per quando avrebbe dovuto incontrarsi con lui. Andò infatti a salutarlo con una faretra legata al fianco e un arco in mano.
“Perché turbi la pace del mio regno, Susano-O?” gli chiese “Sono sicura che hai più che abbastanza da fare nel tuo regno”. E lo guardò con un’aria sprezzante attraverso la corda del suo arco. Non si era certo dimenticata il loro ultimo litigio e sperava che mostrando una faccia dura sarebbe riuscita a tenerlo a bada.
Pur non trovando in lei quel ritratto di amore fraterno che aveva sperato, Susano-O rispose nel modo più cerimonioso: “Mia radiosa e splendida sorella, spero che tu non sia offesa. Tutto ciò che desidero è la tua calda compagnia, uno sguardo dei tuoi amabili occhi e qualche gradevole parola”.
La risposta le piacque, ma conosceva bene il fratello e voleva qualche prova in più delle sue buone intenzioni. Allora Susano-O propose di creare dei figli che governassero con saggezza ed espresse la speranza che Amaterasu si rendesse conto che il suo cuore era colmo di buone intenzioni e che gli avrebbe permesso di rimanere con lei.
Amaterasu acconsentì. Prese la spada del fratello, la spezzò in tre pezzi e dopo avere masticato i pezzi per molti giorni e molte notti, soffiò dalla bocca una nebbia luminosa da cui nacquero tre dee più belle di qualsiasi altra dea… ad eccezione di Amaterasu, naturalmente.
Susano-O, a sua volta, chiese alla sorella i cinque gioielli che portava indosso, e dopo averli spezzati fra i denti, soffiò dalla bocca una nebbia luminosa da cui nacquero cinque dèi più potenti di qualsiasi altro dio… ad eccezione di Susano-O, naturalmente.
Benché avesse creato quei cinque dèi dai gioielli di Amaterasu, Susano-O si compiacque moltissimo con se stesso e cominciò a saltare tutto intorno vantandosi della propria onnipotenza, mossa poco saggia anche per un dio. Quando Amaterasu gli ricordò che gli dèi erano stati creati dai suoi gioielli, Susano-O divenne furibondo: perché, le chiese, non lo apprezzava?
Perdendo ogni controllo di sé, lasciò liberi i venti e la pioggia che teneva sotto le braccia e distrusse i campi di riso che Amaterasu curava con amore, riempì di fango i suoi preziosi canali d’irrigazione e, come se non bastasse, depositò fango e letame nei suoi templi!
Era proprio il genere di comportamento che Amaterasu si aspettava dal fratello, ma all’inizio cercò di giustificarlo: “È fatto così, non riesce proprio a cambiare”, pensò. Era nella sua natura saltare dappertutto portando il caos dovunque si girasse.
Disgraziatamente la compassione di Amaterasu servì solo a peggiorare le cose. Era come se qualche demone dentro di lui guidasse Susano-O a compiere azioni sempre più cattive, tanto per vedere fino a che punto avrebbe potuto provocare quella dea così radiosa e così disgustosamente calma, riuscendo a farle abbandonare il suo carattere tranquillo e a farla diventare come lui, una vera sorella finalmente!
Amaterasu, dal canto suo, stava cominciando decisamente a perdere la pazienza. Nel suo cuore era nato un sentimento di rancore: avesse potuto sbarazzarsi di lui una volta per tutte! Quel fratello era cattivo dalla testa ai piedi, il diavolo in persona… non riusciva a ricordare un solo lato positivo, un solo momento felice insieme con lui.
Chiese agli dèi perché mai avessero mandato un fratello così fastidioso a tormentarla… ma non ricevette alcuna risposta.
Un giorno Amaterasu stava approfittando di un breve momento di tranquillità per tessere i suoi vestiti da dea nella propria camera.
Proprio in quel momento Susano-O decise di mandare un ultimo messaggio alla sorella. Benché avesse tentato di farsi perdonare e di accettare le sue scuse, lei aveva sempre rifiutato. Bene, questo avrebbe dovuto smuoverla un po’… Scuoiò il Cavallo Pezzato del Cielo, appartenente ad Amaterasu, fece un buco nel tetto della casa e gettò il cavallo morto al centro del cerchio di donne che stavano filando. Sull’arcione del cavallo c’era una scritta che diceva: “Le cose non sono sempre bianche o nere come sembrano”.
Questo evento spaventoso fece sì che una delle più vecchie amiche di Amaterasu cadesse morta ai suoi piedi, e Amaterasu, stanca ed esaurita per le recenti tempeste, non riuscì a pensare ad altro che a scappare via. Corse più lontano che poté fino a una grotta in un angolo tranquillo del cielo e bloccò l’ingresso con un macigno. Basta con i litigi!
E così il mondo piombò nell’oscurità e nessuno riuscì a convincere Amaterasu a uscire. La gente aveva perso la sua madre radiosa e sedeva raggomitolata nelle case, svogliata e senza speranza. Senza la luce del regno di Amaterasu non potevano vedere la propria forza e così avevano perso la volontà di andare avanti. Il mondo cominciò a inaridirsi e a morire. Dèmoni e spettri scorrazzavano liberi tra le tenebre.
Quando le cose cominciarono a sembrare ancora più nere della notte, gli ottantamila dèi si riunirono nella “Pianura bianca come il latte” (la Via Lattea) e cominciarono a domandarsi come fare per richiamare indietro Amaterasu in modo che il mondo non rimanesse per sempre privo della sua luce.
Interrogarono Taka-mi-Musubi (“colui che accumula il pensiero”), dio dell’astuzia. Questi propose di radunare dei galli dalle piume colorate e scintillanti perché cantassero all’alba davanti alla grotta. Poi disse agli dèi di far forgiare un enorme specchio di metallo e di appenderlo davanti all’ingresso della grotta.
Alla fine la dea Ama-no-Uzume, dea della gioia, della felicità e della buona salute, guardiana dei misteri del monte sacro di Kagu, si fece avanti e aggiunse un’idea tutta sua.
Si spogliò e si adornò accuratamente con foglie di bambù e di altre piante. Poi, salita su un tino capovolto davanti all’ingresso della grotta, cominciò a danzare. E che danza! Batteva con i piedi sul tino come un tamburo e agitava i fianchi con movimenti sinuosi delle braccia e delle gambe, imitando la nascita della nuova vita. Tutti gli ottantamila dèi lanciavano urla e risate di gioia e di approvazione. Alla luce di migliaia di torce i galli cominciarono a cantare forte tutti insieme.
Amaterasu fu sorpresa e incuriosita. Neppure durante il suo spiacevole incontro con Susano-O aveva sentito un frastuono del genere invadere il suo regno di pace. Cosa mai si stava perdendo? Alla fine, quando sentì le risate degli dèi, non riuscì più a resistere alla curiosità di dare un occhiata fuori dalla grotta. Inoltre era anche un bel po’ indispettita: perché erano tutti così allegri invece di rattristarsi per la sua assenza? possibile che fossero così felici senza di lei?
Come se ciò non bastasse, Uzume gridò in direzione della grotta che fra loro c’era una nuova dea ancora più bella di lei.
Alla curiosità e al dispetto si aggiunse anche la gelosia e Amaterasu decise di aprire uno spiraglio nella grotta per vedere cosa stava succedendo.
Gli dèi, che non erano più disposti a correre rischi con la loro sorella, avevano preparato un piccolo piano. Avevano chiesto al forzuto dio Taji-kawa-o di nascondersi vicino all’ingresso della grotta e di afferrare la mano di Amaterasu portandola lontana appena fosse apparsa.
Quando Amaterasu uscì lanciò uno sguardo nello specchio, vide l’immagine del suo splendore e dimenticò tutte le sue pene e i suoi timori, restando immobile a compiacersi di tanta bellezza.
Questo permise a Taji-kawa-o di afferrarle la mano, ma ormai non era più necessario: vedendosi per la prima volta dopo tanto tempo, Amaterasu prese la decisione irrevocabile di compiere da allora e per sempre il suo dovere nella Pianura Celeste.
Fece immediatamente ritorno al suo palazzo e promise solennemente che non si sarebbe mai più fatta spaventare di nuovo da una tempesta. Sulle soglie dei suoi templi furono appesi degli specchi in modo che tutti quelli che entravano o uscivano potessero guardare profondamente dentro di essi. Gli anziani raccontano che il popolo del Giappone e gli stessi dèi tornarono alle loro vite con gioia e coraggio rinnovati.
E Susano-O? Beh, dopo quello che aveva combinato meritava una bella punizione. Così gli tagliarono la barba, gli strapparono le unghie delle mani e dei piedi e lo mandarono in esilio sulla terra nel paese Yamato, dove compì imprese eroiche, ma questa è un’altra storia.

FINE

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