Leggende Orientali – LA STORIA DELL’UOMO CHE NON VOLEVA MORIRE
Leggenda del Giappone
Tradotta da Dario55
LA STORIA DELL’UOMO CHE NON VOLEVA MORIRE
Tanto tanto tempo fa viveva un uomo chiamato Sentaro. Questo nome significa “milionario” e, anche se non era proprio così ricco, era tutt’altro che povero. Aveva ereditato una piccola fortuna dal padre ed era vissuto su questa eredità, passando il tempo senza preoccupazioni e senza pensare seriamente al lavoro, fino a quando era arrivato intorno ai ventidue anni.
Un giorno, senza alcuna ragione al mondo, gli balzò nella mente il pensiero della malattia e della morte. L’idea di cadere malato o di morire lo rendeva molto infelice.
«Mi piacerebbe» diceva tra sé «vivere almeno fino a cinquecento o seicento anni senza malattie. La durata normale della vita di un uomo è terribilmente breve!»
Era curioso di sapere se, vivendo in modo semplice e frugale da quel momento in poi, fosse possibile allungare la sua vita come desiderava.
Sapeva che nella storia antica c’erano molti racconti che parlavano di imperatori che avevano vissuto migliaia di anni, e c’era la principessa di Yamato che, si diceva, aveva vissuto proprio cinquecento anni.
Sentaro, poi, aveva ascoltato spesso il racconto dell’imperatore cinese Shin-no-Shiko, uno dei migliori e più potenti governanti nella storia della Cina. Aveva fatto costruire tutti i grandi palazzi e anche la famosa muraglia. Possedeva tutto quello che poteva desiderare al mondo, eppure, malgrado la sua felicità, il lusso e lo splendore della sua corte, la saggezza dei suoi consiglieri e la gloria del suo regno, era infelice perché sapeva che un giorno avrebbe dovuto morire e abbandonare tutto.
Quando andava a letto la sera, quando si alzava al mattino, a ogni ora del giorno il pensiero della morte accompagnava sempre Shin-no-Shiko. Non riusciva a scacciarlo in nessun modo. Se solo avesse potuto trovare l’Elisir di lunga vita… allora sì che sarebbe stato felice!
Alla fine l’imperatore aveva riunito tutti i cortigiani e aveva chiesto loro se avrebbero potuto trovargli quel famoso Elisir di lunga vita di cui tante volte aveva sentito parlare.
Un vecchio cortigiano di nome Jofuku gli aveva detto che molto lontano, al di là del mare, c’era un paese chiamato Horaizan, dove vivevano degli eremiti che possedevano il segreto dell’Elisir. Chiunque avesse bevuto quella pozione miracolosa, sarebbe vissuto per sempre.
L’imperatore aveva ordinato a Jofuku di mettersi in viaggio verso la terra di Horaizan per trovare gli eremiti e di portargli un’ampolla di quel magico Elisir. Aveva dato a Jofuku una delle sue migliori giunche, l’aveva riempita di provviste e vi aveva fatto caricare una grande quantità di tesori e di pietre preziose perché Jofuku le offrisse in dono agli eremiti.
Jofuku aveva fatto vela per la terra di Horaizan, ma non aveva mai fatto ritorno dall’imperatore che lo aspettava, e da allora si era cominciato a dire che il monte Fuji è il mitico Horaizan, dove si trova la casa degli eremiti che custodiscono il segreto dell’Elisir e che Jofuku era venerato come loro dio protettore.
Sentaro allora decise di mettersi in cammino per trovare gli eremiti e, se gli fosse stato possibile, per diventare uno di loro in modo da poter ottenere la bevanda che dà la vita eterna. Si ricordava che da bambino gli avevano detto che questi eremiti non abitano solo su quella montagna, ma su tutte le più alte cime.
E così Sentaro lasciò la sua vecchia casa in custodia ai suoi parenti e partì per la sua ricerca. Viaggiò per tutte le regioni montuose del paese, arrampicandosi sulle cime più alte, ma non riuscì a trovare neppure un eremita.
Alla fine, dopo aver vagato per molti giorni in una regione sconosciuta, incontrò un cacciatore.
«Puoi dirmi» chiese Sentaro «dove vivono gli eremiti che possiedono l’Elisir di lunga vita?»
«No» rispose il cacciatore. «Non so dirti dove vivono quegli eremiti, ma posso dirti che da queste parti vive un famoso brigante che, si dice, è a capo di una banda di duecento ladroni».
Questa strana risposta indispettì molto Sentaro, il quale pensò che era stupido perdere altro tempo cercando gli eremiti in questo modo e decise quindi di recarsi subito al tempio dove Jofuku era venerato come patrono degli eremiti nel sud del Giappone.
Raggiunse quindi il tempio e pregò per sette giorni, implorando Jofuku di mostrargli la strada per raggiungere un eremita che potesse dargli ciò che tanto desiderava.
A mezzanotte del settimo giorno, mentre Sentaro era inginocchiato nel tempio, la porta più interna del santuario scivolò di lato e Jofuku comparve in una nube luminosa, invitò Sentaro ad avvicinarsi e gli parlò così:
«Il tuo desiderio è molto egoista e difficile da esaudire. Tu t’illudi che ti piacerebbe diventare un eremita pur di trovare l’Elisir di lunga vita. Ma ti rendi conto di quanto è dura la vita di un eremita? A un eremita è permesso mangiare solo frutti, bacche e corteccia di pino; un eremita deve distaccarsi dal mondo in modo che il suo cuore possa diventare puro come l’oro e libero da ogni desiderio terreno. Un po’ alla volta, seguendo queste rigide regole, l’eremita non sente più la fame o il freddo o il caldo, e il suo corpo diventa così leggero che può cavalcare una gru o una carpa e può camminare sull’acqua senza bagnarsi i piedi.
«Tu, Sentaro, ami la bella vita e tutte le comodità. Non somigli per niente agli altri uomini: sei molto pigro e sei più sensibile al caldo e al freddo della maggior parte della gente. Non saresti mai capace di andare scalzo o di indossare solo un abito sottile e leggero durante l’inverno! Credi che avresti la pazienza o la sopportazione per vivere una vita da eremita?
«Comunque, per esaudire la tua preghiera, ti aiuterò in un altro modo. Ti manderò nel paese della Vita Eterna, dove non arriva mai la morte e la gente vive per sempre!»
Dicendo questo, Jofuku mise una piccola gru di carta nella mano di Sentaro e gli disse di sedersi sulla sua schiena: la gru l’avrebbe portato fin là.
Sentaro obbedì con stupore. La gru crebbe fino a diventare grande abbastanza da permettergli di cavalcarla comodamente. Poi spiegò le ali, salì in alto nell’aria e volò via sopra le montagne in direzione del mare.
In un primo momento Sentaro era un po’ spaventato, ma un po’ alla volta si abituò sempre di più al rapido volo attraverso l’aria. Viaggiarono per migliaia di miglia senza interruzione. L’uccello non si fermò né per mangiare né per riposarsi, ma essendo un uccello di carta, non provava certo il bisogno di nutrirsi e, strano a dirsi, non lo provava neppure Sentaro.
Dopo diversi giorni raggiunsero un’isola. La gru volò per un po’ verso l’entroterra, quindi si posò.
Non appena Sentaro scese dalla schiena dell’uccello, la gru si ripiegò spontaneamente e gli volò in tasca.
Allora Sentaro cominciò a guardarsi attorno stupito, curioso di vedere come fosse il paese della Vita Eterna. Dapprima girò un po’ per il paese, poi passeggiò per la città. Naturalmente era tutto abbastanza strano e diverso dalla sua terra. Ma sia il paese che la gente sembravano prosperi, per cui decise che avrebbe fatto bene a fermarsi e a prendere alloggio in uno degli alberghi.
Il padrone era un uomo gentile e quando Sentaro gli disse che era uno straniero venuto a vivere lì, gli promise che avrebbe sistemato lui tutte le faccende necessarie con il governatore della città per il soggiorno di Sentaro. Trovò anche una casa per il suo ospite, e così Sentaro realizzò il suo grande desiderio e divenne un abitante del paese della Vita Eterna.
Nessuno degli abitanti dell’isola si ricordava che qualcuno fosse mai morto da quelle parti, e la malattia era qualcosa di sconosciuto. Erano giunti dei preti dall’India e dalla Cina e avevano parlato loro di una terra meravigliosa chiamata Paradiso in cui felicità, beatitudine e contentezza riempiono il cuore di ogni uomo, ma ai cui cancelli si può giungere solo morendo. Questa tradizione era stata tramandata per secoli di generazione in generazione, ma nessuno sapeva esattamente che cosa fosse la morte, tranne che morendo si andava nel Paradiso.
In modo abbastanza diverso da Sentaro e dall’altra gente comune, tutti loro, sia ricchi che poveri, invece di provare una grande paura per la morte, la bramavano ardentemente come una cosa buona e desiderabile. Erano tutti stanchi delle loro lunghissime vite e volevano andare in quella felice terra della contentezza chiamata Paradiso di cui i preti avevano loro parlato secoli prima.
Sentaro scoprì presto tutto ciò parlando con gli abitanti dell’isola. Gli sembrava di essere nel Regno del Disordine. Tutto era all’incontrario. Aveva voluto fuggire dalla morte, era andato fino alla terra della Vita Eterna confortato e felice… solo per scoprire che i suoi abitanti, condannati a non morire mai, sarebbero stati felici di incontrare la morte!
Questa gente mangiava come buon cibo tutto ciò che fino a quel momento aveva considerato veleno e rifiutava tutto quello che lui era abituato a considerare cibo. Ogni volta che arrivavano mercanti da altri paesi, la gente ricca correva da loro desiderosa di acquistare veleni, che poi inghiottiva avidamente sperando di morire per poter andare nel Paradiso.
Ma quello che negli altri paesi era un veleno mortale non aveva alcun effetto in questo strano luogo, e le persone che lo inghiottivano nella speranza di morire, si accorgevano che invece stavano ancora meglio.
Inutilmente cercavano di immaginare quanto la morte sarebbe loro piaciuta. I ricchi avrebbero dato tutto il loro denaro e le loro ricchezze pur di accorciare la vita di almeno due o trecento anni. Quella vita senza nessuna novità sembrava loro tanto triste e noiosa.
Nelle farmacie c’era una medicina sempre più richiesta perché si riteneva che dopo averla presa per cento anni avrebbe fatto diventare i capelli bianchi e avrebbe procurato disturbi di stomaco.
Sentaro era sbalordito vedendo che il velenoso pesce palla era servito nei ristoranti come una specialità da buongustai e che i venditori ambulanti per strada offrivano salse a base di cantaride. Non aveva mai visto nessuno stare male dopo avere mangiato quelle cose tremende, non aveva neanche mai visto qualcuno avere altro che qualche brivido.
Sentaro era contento. Ripeteva fra sé che non si sarebbe mai stancato di vivere e che era un sacrilegio desiderare la morte. Era l’unica persona felice sull’isola. Per quel che lo riguardava, voleva vivere migliaia di anni e godersi la vita. Si mise in affari e per il momento non provava il minimo desiderio di tornare nella sua terra natale.
Ma con il passare degli anni le cose cominciarono a non andare più lisce come all’inizio. Subì grosse perdite finanziarie e molte volte certi affari con i suoi vicini andavano male. Tutto questo gli procurava grosse seccature.
Il tempo gli volava, perché era occupato dalla mattina alla sera. In questo modo monotono trascorsero trecento anni, e alla fine Sentaro cominciò a essere sempre più stufo di vivere in quel paese e moriva dalla voglia di rivedere la sua patria e la sua casa.
Punto dal desiderio di andarsene dal paese della Vita Eterna, Sentaro si ricordò di Jofuku, che lo aveva aiutato tanto tempo prima, quando voleva sfuggire alla morte. Pregò quindi il santo eremita di farlo ritornare al suo paese.
Non aveva ancora finito di pregare, che la gru balzò fuori dalla sua tasca. Sentaro rimase sbalordito vedendo che era ancora intatta dopo tutti quegli anni. Anche questa volta l’uccello crebbe sempre di più finché diventò grande abbastanza perché Sentaro potesse salire su di lui. Non appena fu salito, l’uccello spiegò le ali, salì in alto nell’aria e volò veloce sul mare verso il Giappone.
Tanta è l’ostinazione della natura umana, che Sentaro guardò indietro e rimpianse tutto ciò che aveva abbandonato. Cercò inutilmente di fermare l’uccello, ma la gru proseguì la sua strada per migliaia di miglia attraverso l’oceano.
A un certo punto scoppiò una tempesta, e la magica gru di carta si bagnò, si sgualcì e cadde in mare. Sentaro cadde insieme a lei.
Spaventatissimo al pensiero di essere sul punto di annegare, gridò forte a Jofuku di salvarlo.
Si guardò intorno, ma nessuna nave era in vista. Inghiottì una gran quantità di acqua di mare, il che peggiorò ancora di più la sua triste situazione. Mentre si stava dibattendo per mantenersi a galla, vide uno squalo mostruoso che nuotava verso di lui. Quando gli fu vicino, spalancò la sua enorme bocca per divorarlo. Sentaro, era paralizzato dalla paura sentendo la sua fine così vicina e gridò più forte che mai perché Jofuku venisse a salvarlo.
Quand’ecco che Sentaro fu svegliato dalle sue stesse grida e scoprì che durante la sua lunga preghiera si era addormentato davanti all’altare e che tutta la sua strabiliante e terribile avventura era stata solo un brutto sogno. Era madido di sudore freddo, spaventato e completamente confuso.
All’improvviso una luce splendente venne verso di lui, e nella luce c’era un messaggero che teneva un libro in mano e disse a Sentaro:
«Sono stato mandato da Jofuku che in risposta alla tua preghiera ha acconsentito che tu vedessi in sogno il paese della Vita Eterna. Ma ti sei stancato sempre più di vivere lì e hai supplicato di poter tornare al tuo paese natale in modo di poter morire.
Jofuku, per metterti alla prova, ti ha fatto cadere in mare e ha mandato uno squalo perché t’inghiottisse. Il tuo desiderio di morire non era vero, visto che in quel momento hai gridato forte e hai implorato aiuto.
«Inoltre è inutile che tu desideri diventare un eremita o trovare l’Elisir di lunga vita. Non sono cose per quelli come te: la tua vita non è abbastanza austera. La cosa migliore per te è tornare alla tua casa natale e vivere una vita laboriosa e onesta. Non trascurare mai di onorare i tuoi antenati e fai il tuo dovere per assicurare il futuro dei tuoi figli. Così vivrai bene fino a un’età avanzata, ma devi abbandonare il desiderio vano di sfuggire alla morte, perché nessuno può farlo, e adesso avrai certamente scoperto che anche se certi desideri egoistici vengono esauditi, non danno comunque la felicità.
«In questo libro che ti do ci sono molti buoni insegnamenti: se li imparerai, sarai condotto lungo la strada che ti ho indicato».
L’angelo scomparve non appena ebbe finito di parlare, e Sentaro accolse la lezione nel suo cuore.
Con il libro in mano fece ritorno alla sua vecchia casa e rinunciando a tutti i suoi vani desideri, si sforzò di vivere una vita buona e utile e di seguire gli insegnamenti del libro, e fu così che da allora lui e la sua casa furono prosperi e felici.
FINE
Le immagini sono tratte dai siti: http://durendal.org