Leggende Orientali – SCHIPPEITARO

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Leggenda dal Giappone

Tradotta da Dario55

SCHIPPEITARO

Nei tempi antichi era usanza che non appena un ragazzo giapponese raggiungeva l’età virile, abbandonasse la propria casa e andasse girando il paese in cerca di avventure. A volte incontrava un giovane che stava facendo lo stesso, e i due combattevano in modo amichevole, semplicemente per vedere chi era il più forte, ma altre volte il nemico si rivelava essere un brigante che terrorizzava i dintorni, e allora la lotta era all’ultimo sangue.
Un giorno un giovane partì dal villaggio in cui era nato, deciso a non fare ritorno fino a quando non avesse compiuto una grande impresa e il suo nome fosse diventato famoso. Ma sembrava proprio che di avventure non ce ne fossero un gran che, e lui andò girovagando per un bel po’ di tempo senza incontrare né giganti feroci né fanciulle in pericolo. Infine vide in lontananza un monte selvaggio, semicoperto da una fitta foresta, gli sembrò che promettesse bene e s’incamminò per raggiungerlo. Le difficoltà che incontrò – massi giganteschi, fiumi profondi da attraversare e terre ricoperte di macchie spinose da evitare – riuscirono solo a fargli battere più forte il cuore, perché era un giovane coraggioso in ogni circostanza. Ma con tutti i suoi sforzi non riuscì a trovare la strada per uscire dalla foresta e cominciò a pensare che avrebbe passato lì la notte. Si guardò intorno per vedere se ci fosse un posto in cui stendersi a riposare, e lo sguardo gli cadde su una piccola cappella in una radura. Si affrettò in quella direzione e, rannicchiatosi in un angolo caldo, ben presto si addormentò.
Non si udiva il minimo rumore in tutta la foresta, ma a mezzanotte si sentì all’improvviso un fragore che svegliò il giovane in un attimo malgrado la sua stanchezza. Guardando con prudenza tra le colonne di legno della cappella, vide un branco di orribili gatti che danzavano furiosamente rendendo la notte spaventosa con le loro strida. La luna piena brillava su quella scena selvaggia, e il giovane guerriero guardava con stupore, stando ben attento a non fare il minimo rumore, per paura di poter essere scoperto. Dopo un po’, in mezzo a tutte quelle grida, gli sembrò di afferrare le parole: “Non ditelo a `Schippeitaro! Tenetelo nascosto e segreto! Non ditelo a Schippeitaro!” Poi, quando mezzanotte fu passata, tutti scomparvero e il giovane rimase solo. Sfinito da tutto quello che era andato succedendo intorno a lui, si buttò a terra e dormì fino al sorgere del sole.

Il giovane stanco si addormenta nella cappella nella foresta

Quando si svegliò si sentì molto affamato e cominciò a pensare al modo di procurarsi qualcosa da mangiare. Allora si alzò e si avviò. Non era arrivato molto lontano, quando ebbe la fortuna di trovare un sentierino su cui poté seguire impronte umane. Seguì dunque le tracce e a poco a poco giunse a un gruppo di capanne sparse, al di là delle quali si estendeva un villaggio. Lieto della scoperta stava per affrettarsi verso il villaggio, quando udì la voce di una donna che piangeva e si lamentava, implorando degli uomini di aver pietà di lei e aiutarla. Il suono della sua sofferenza gli fece dimenticare la fame, ed entrò deciso nella capanna per scoprire cosa c’era che non andava. Ma gli uomini a cui la donna chiedeva aiuto poterono solo scuotere la testa e dirgli che non c’era modo in cui lui potesse fornire qualche aiuto, perché tutta quella sofferenza era causata dallo Spirito della Montagna, al quale ogni anno dovevano provvedere una ragazza da mangiare.
«Domani sera», dissero, «l’orrenda creatura si presenterà per il suo pasto, e i pianti che hai udito erano quelli della ragazza che hai di fronte, sulla quale è caduta la sorte».
E quando il giovane chiese se la ragazza sarebbe stata portata via da casa, risposero di no, ma che nella cappella nella foresta sarebbe stata messa una grande botte con dentro la ragazza.
Udendo questo racconto, il giovane fu preso da una grande smania di salvare la ragazza dal suo orribile destino. L’accenno alla cappella gli fece ricordare la scena della notte precedente, e tutti i particolari gli tornarono in mente.
«Chi è Schippeitaro?», chiese improvvisamente. «Qualcuno può dirmelo?»
«Schippeitaro è il grande cane che appartiene al sovrintendente del nostro principe», risposero, «e vive non lontano da qui».
E si misero a ridere per quella domanda, che sembrava loro molto strana e oziosa.
Il giovane non rise con loro, ma lasciò la capanna e andò subito dal padrone del cane, a cui chiese di prestargli l’animale per una notte. Il padrone di Schippeitaro non aveva la minima intenzione ad affidarlo a un perfetto sconosciuto, ma alla fine acconsentì, e il giovane portò via il cane, promettendo solennemente di restituirlo al padrone il giorno successivo.
Poi si affrettò alla capanna in cui viveva la ragazza e pregò i genitori di chiuderla in uno stanzino, dopo di che portò Schippeitaro alla botte e ve lo chiuse dentro. Alla sera venne a sapere che la botte era stata messa nella cappella e quindi vi si nascose anche lui e restò in attesa.
A mezzanotte, quando la luna piena apparve sopra la cima delle montagne, la cappella si riempì nuovamente di gatti che si misero a gridare, stridere e ballare come la notte prima. Ma questa volta in mezzo a loro c’era un gigantesco gatto nero, che sembrava essere il loro re e che il giovane intuì essere lo Spirito della Montagna. Il mostro guardò avidamente nella sua direzione e i suoi occhi brillarono di gioia quando vide la botte. Balzò in alto nell’aria tutto contento ed emise grida di piacere, poi si avvicinò alla botte e tolse i chiodi.
Ma invece di affondare i denti nel collo di una bella ragazza, furono i denti di Schippeitaro che affondarono nel suo, e il giovane balzò dal suo nascondiglio e gli tagliò la testa con la spada. Gli altri gatti furono così sbalorditi di come si erano messe le cose che si dimenticarono di correre via, e il giovane insieme a Schippeitaro si gettarono in mezzo a loro e ne uccisero molti prima che pensassero di scappare.
Al sorgere del sole il coraggioso cane fu restituito al padrone, e da allora le ragazze della montagna furono al sicuro, e ogni anno si celebrò una festa in ricordo del giovane guerriero e del cane Schippeitaro.

FINE

Testo originale e illustrazioni in: http://www.violetbooks.com/gal-japan-plates.html.

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