Leggende Orientali – IL CILIEGIO A SCACCHIERA

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Leggenda dal Giappone

Tradotta da Dario55

IL CILIEGIO A SCACCHIERA

Nei tempi antichi, molto prima che l’europeizzazione arrivasse in Giappone, viveva a Kasamatsu, in Nakasatani, nei pressi di Shichikwai mura Shinji gun, nella provincia di Hitachi, un vecchio daimio dalla testa calda, di nome Oda Sayemon. Il suo palazzo si trovava in cima a una collina ricoperta di pini, a circa tre miglia da quella che adesso è la stazione di Kamitachi sulla ferrovia giapponese. Sayemon era famoso per il suo coraggio come soldato, il suo modo abominevole di giocare a go (o goban) e la sua irritabilità e violenza quando perdeva, il che succedeva invariabilmente.
Gli amici più intimi che aveva tra quelli della sua casa avevano tentato in tutti i modi di cambiare il suo modo di fare quando perdeva al go, ma la cosa era senza speranza. Era solito colpire in viso tutti coloro che lo vincevano con un pesante ventaglio di ferro del tipo di quelli che portavano i guerrieri a quei tempi e sarebbe stato pronto a estrarre la spada e tagliare la testa dei suoi migliori amici se si fossero permessi di interferire. Essere invitati a giocare a go dal loro padrone era la cosa che quei coraggiosi samurai temevano di più. Alla fine si accordarono tra loro che piuttosto di subire il grave insulto di essere percossi da lui quando vincevano, lo avrebbero lasciato vincere. Dopotutto non avrebbe avuto molta importanza, dato che non c’erano soldi in palio. E così il modo di giocare di Sayemon cominciò a peggiorare sempre di più, perché non imparava niente, anzi s’illudeva di essere il miglior giocatore di tutti.
Il 3 marzo, in onore della figlioletta O Chio, Sayemon offrì un pranzo a quelli del suo seguito. Il 3 marzo è la Festa delle bambole (Hina-no-sekku), il giorno in cui tutte le bambine espongono in pubblico le proprie bambole. La gente va di casa in casa per vederle, e le loro padroncine offrono con grande cerimoniosità ai visitatori saké bianco dolce in una tazza da bambola. Sicuramente Sayemon aveva scelto apposta questo giorno di festa in onore della figlia, dato che alla fine del pranzo offrì saké bianco dolce da bere alla salute delle bambole, invece di saké da uomini, che gli ospiti avrebbero gradito molto di più. Lo stesso Sayemon detestava in modo assoluto il saké dolce. E così, non appena la festa ebbe termine, fece venire Saito Ukon, uno dei suoi più anziani e fedeli guerrieri, per giocare a go con lui, lasciando gli altri a bere. Ukon, cosa abbastanza strana, non aveva mai giocato prima con il suo signore e fu molto contento di essere stato scelto. Aveva preso la decisione di morire quella sera stessa dopo aver dato al padrone la lezione che meritava.
In una stanza lussuosamente decorata fu collocato un goban (scacchiera) con due scatole di go contenenti gli uomini costituiti da pietre bianche e nere. Le pietre bianche di solito sono prese dal giocatore più abile, le nere da quello meno abile. Senza alcuna spiegazione né scusa Ukon prese la scatola che conteneva le pietre bianche e cominciò a posizionarle come se fosse senza alcun dubbio lui il più abile.
Sayemon cominciò a perdere la calma, ma non lo diede a vedere. La gente del suo seguito lo aveva lasciato vincere tante volte negli ultimi tempi, che si sentiva del tutto fiducioso che avrebbe vinto di nuovo e che Ukon avrebbe dovuto anche scusarsi per aver osato prendere le pietre bianche.
Il gioco finì con la vittoria di Ukon.
«Voglio fare un’altra partita», disse Sayemon. «In questa non mi sono impegnato abbastanza. Ti farò subito vedere come sono capace di batterti, se voglio».
Sayemon fu battuto di nuovo. Questa volta non riuscì a mantenersi calmo: la sua faccia diventò rossa, gli occhi assunsero uno sguardo diabolico e con voce prepotente e piena di furia gridò che pretendeva una terza partita.
Ukon vinse anche questa. La collera di Sayemon non conobbe più limiti. Tenendo stretto il ventaglio di ferro stava per colpire con violenza il volto di Ukon. Il suo avversario lo afferrò per il polso e gli disse:
«Mio signore, cosa ne pensi dei giochi? Vostra signoria sembra averne una strana opinione! È il giocatore migliore quello che vince, mentre quello peggiore deve perdere. Se non riesci a battermi a go, vuol dire che sei il giocatore meno bravo. Questo modo in cui vostra signoria non accetta la sconfitta da parte di un avversario superiore risponde forse al bushido di un samurai, così come ci hanno insegnato? Accettate il consiglio che vi dà il vostro fedele servitore e non siate tanto sconsiderato nella vostra collera: mal si addice a una persona nella posizione elevata di vostra signoria».
E con uno sguardo pieno di rimprovero verso Sayemon, Ukon s’inchinò quasi fino a terra.
«Mascalzone insolente!», gridò Sayemon. «Come di permetti di parlarmi così? Non ti muovere! Stai fermo così, con la testa piegata, perché io possa tagliartela!»
«La tua spada serve a uccidere i nemici, non i tuoi servi ed amici», disse Ukon. «Rimetti la spada nel fodero, mio signore. Non devi preoccuparti di uccidermi, perché ho già fatto seppuku per offrirti il parere che ti ho dato e salvare tutti gli altri. Guarda qui, mio signore!»
Ukon aprì gli abiti e mostrò un enorme taglio che gli attraversava lo stomaco.

Ukon mostra a Sayemon che si è già sacrificato

Per un attimo Sayemon fu preso alla sprovvista, e mentre era ancora confuso, Ukon gli parlò nuovamente dicendogli che doveva controllare il suo carattere e trattare meglio i suoi subordinati.
Quando Sayemon udì questo consiglio, la sua furia esplose di nuovo. Estraendo la spada, si scagliò su Ukon e gridando:
«Non accetto consigli nemmeno dal tuo spirito morente», menò un furioso fendente alla testa di Ukon. Lo mancò e invece della testa tagliò in due la scacchiera del go. Allora, vedendo che Ukon stava morendo rapidamente, Sayemon si lasciò cadere accanto a lui piangendo amaramente e dicendo:
«Sono immensamente dispiaciuto nel vederti morire così, mio fedele Ukon! Perdendo te, perdo il mio più vecchio e fedele servitore. Mi hai servito con dedizione e hai combattuto con grande valore in tutte le mie battaglie. Perdonami, te ne prego! Seguirò il tuo consiglio. È stato certamente un segno degli dei disgustati dalla mia condotta che hanno allontanato la spada dalla tua testa e mi hanno fatto tagliare in due la scacchiera».
Ukon fu lieto di vedere che il suo signore finalmente si pentiva. E disse:
«Nemmeno nella morte dimenticherò il rapporto fra padrone e servo, e il mio spirito sarà con te e veglierà sulla tua prosperità finché avrai vita».
Poi Ukon esalò l’ultimo respiro.
Sayemon fu così commosso dalla fedeltà di Ukon che lo fece seppellire nel suo giardino privato e seppellì la scacchiera spezzata del go insieme a lui. Da quel giorno il comportamento di lord Sayemon cambiò completamente. Diventò buono e gentile con tutti i suoi sottoposti, e tutta la sua gente ne era felice.
Pochi mesi dopo al morte di Ukon un ciliegio spuntò dalla sua tomba. In tre anni l’albero crebbe e divenne splendido e rigoglioso.
Il 3 marzo del terzo anno, anniversario della morte di Ukon, Sayemon restò sbalordito nel trovarlo improvvisamente coperto di fiori. Lo stava osservando e pensava di annaffiarlo personalmente, come si usava in quel giorno, quando improvvisamente vide una debole immagine in piedi presso il tronco dell’albero. Non appena ebbe detto: «Ti conosco, tu sei lo spirito del fedele Saito Ukon», l’immagine scomparve. Sayemon corse verso l’albero per versare acqua sulle radici, quando si accorse che alcune parti della corteccia del tronco si erano spezzate formando quadrati della forma e dimensione delle caselle di una scacchiera di go! Ne restò molto impressionato. Per molti anni – appunto fino alla morte di Sayemon – lo spirito di Ukon apparve ogni anno il 3 marzo.
Fu costruito un recinto attorno all’albero che fu ritenuto sacro e che, a quanto si dice, si può vedere ancora oggi.

FINE

Testo originale e illustrazione in: http://www.sacred-texts.com/shi/atfj/atfj54.htm

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